Corsa al riarmo: dagli Eurofighter ai sottomarini alle fregate. In tre anni il governo ha approvato acquisti per oltre 42 miliardi di euro

Riarmo, è di oltre 42 miliardi la cifra che il governo si è impegnato a spendere in acquisti militari nei prossimi anni

Corsa al riarmo: dagli Eurofighter ai sottomarini alle fregate. In tre anni il governo ha approvato acquisti per oltre 42 miliardi di euro

Oltre 42 miliardi di euro. È la cifra monstre che “dall’inizio della XIX legislatura, il Ministero della Difesa ha chiesto e ottenuto dalle Commissioni Difesa del Parlamento”. Si tratta di programmi di armamento – le cui somme sono state “stanziate in modo vincolante” – che prevedono “impegni finanziari pluriennali per 15 miliardi, con impegni annuali superiori al miliardo di euro per ognuno dei prossimi tre anni” (2025, 2026 e 2027).

A fare la lista della spesa (praticamente infinita) l’ultimo rapporto Mil€x, l’Osservatorio sulle spese militari italiane: si va dai 5.952.100.000 euro destinati alle basi dell’Aeronautica, al miliardo e cento milioni necessari per comprare 3.700 mezzi multiruolo e 2.400 mezzi da ricognizione, passando per la seconda coppia di sottomarini U212 Nfs (1,33 miliardi), le 2 fregate Fremm Evo (1,94 miliardi), i 66 obici ruotati RcH 155 (1,8 miliardi), fini ai 24 Eurofighter Typhoon da 7,44 miliardi.

Dall’Esercito alla Marina

Secondo Mil€x ogni reparto della nostra difesa è stato accontentato, visto che i programmi prevedono l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma terrestri (carri armati, obici semoventi cingolati, blindati da combattimento, mortai e artiglieria di precisione a lunga gittata, razzi e missili antiaerei, armi anticarro, droni-bomba), marittimi (navi da guerra, sottomarini, droni, artiglieria e missili antiaerei e antinave), aerei (caccia, elicotteri, aerei spia e per la guerra elettronica, droni armati e da ricognizione, bombe e missili per combattimento e attacchi in profondità) e per le forze speciali (armi, equipaggiamenti, mezzi speciali e strumentazione varia).

Le tecnologie richieste dalla Nato

Non solo. Alla lista il governo Meloni e la sua maggioranza hanno aggiunto anche programmi d’acquisizione di nuove tecnologie ritenute essenziali per la condotta di operazioni belliche secondo gli standard di interoperabilità Nato: satelliti, radar, sistemi di comunicazione, reti informatiche, centri di comando, capacità di difesa e attacco cyber, e per la loro preparazione (velivoli e simulatori avanzati per l’addestramento al combattimento e all’uso dei nuovi sistemi d’arma) e altri programmi relativi alle infrastrutture di supporto a mezzi e truppe (caserme, basi aeree e navali, poligoni, arsenali).

Chi ha fornito gli armamenti? Per l’Italia svetta Leonardo

E se la lista della spesa è ricca, lunga è la lista dei fornitori. Circa quelli “nazionali” si sono vesti beneficare dalla pioggia di ordinativi: Leonardo (mezzi aerei e apparati tecnologici di quelli terrestri e navali, satelliti, radar, sistemi di comunicazione e informatici, simulatori), Fincantieri (mezzi navali e subacquei), Iveco e Tekne (mezzi terrestri), Rwm (munizioni d’artiglieria), Mbda Italia (missili per gli elicotteri della Marina).

I consorzi di armi europei

Poi ci sono i fornitori multinazionali europei, come i consorzi Eurofigher per i caccia Typhoon (composto da Leonardo, dalla britannica Bae Systems e dall’Airbus tedesca e spagnola) e Mbda per i missili e bombe (joint-venture composta da Leonardo, dalla britannica Bae Systems e da Airbus francese, tedesca e spagnola). Gli altri fornitori stranieri sono le americane Lockheed Martin (F-35 e artiglieria a lunga gittata), Raytheon (bombe per F-35 e razzi antiaerei), Boeing e General Dynamics (bombe per F-35), Aerovironment (droni), Gulfstream e L3Harris (aerei da guerra elettronica), Flyer (mezzi aviolanciabili), Stellantis Usa (mezzi tattici), le tedesche Rheinmetall (carri armati e cannoni antiaerei), Krauss-Maffei Wegmann (obici semoventi cingolati) e Grob (alianti addestrativi), la britannica Mbda Uk (missili per F-35), le francesi Thomson-Brandt (mortai) e Thales (satelliti), la spagnola Indira (armi antidroni) e la svedese Saab (lanciarazzi anticarro).

Oltre mezzo miliardo di armi anche da aziende israeliane

Una parte da leone lo fanno anche le aziende di armi israeliane  (un dato in linea, secondo Mil€x, con l’incremento del valore delle autorizzazioni all’import bellico in Italia registrato lo scorso anno, quintuplicato rispetto all’anno precedente): Rafael (missili anticarro Spike per 92 milioni e droni-bomba Spike Firefly per 270 milioni di impegno finanziario), Elbit (simulatori scuola elicotteri di Luni con 44 milioni impegnati), Uvision (droni-bomba Hero30, assemblati su licenza in Sardegna dalla RWM Italia, per una quota parte dell’impegno di 76 milioni comprendente anche mortai francesi), Elta Systems (allestimento due aerei spia Gulfstream per quota parte dell’impegno di 638 milioni comprendente anche l’allestimento negli Stati Uniti di altri due Gulfstream per la guerra elettronica per 257 milioni).

A conti fatti, scrive Mil€x “l’impegno finanziario pluriennale legato ai programmi di forniture israeliane è di almeno mezzo miliardo, con stima conservativa, ma si aggira probabilmente su una cifra compresa tra i 600 e i 700 milioni di euro”.