La corsa alla Regione Abruzzo

di Antonello Di Lella

Che la si chiami questione morale o più semplicemente di opportunità poco importa. Certo è che la candidatura di Luciano D’Alfonso per la guida della Regione Abruzzo continua a sollevare più di qualche perplessità anche all’interno del Partito democratico stesso. D’Alfonso, incoronato con un voto bulgaro (76%) alle primarie del centrosinistra, è sì stato assolto in ben nove processi, ma dovrà rispondere ancora di alcune accuse. Ancora viva quella per corruzione, dato che l’assoluzione in primo grado è stata appellata dalla Procura. Un processo che scuote il Pd, visto che nel recente passato pure il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi ha sollevato a Montecitorio dubbi sull’opportunità di alcune candidature. Che l’Abruzzo faccia eccezione? È questo il dubbio che sorge. Allo stesso tempo occorre sottolineare che D’Alfonso non si è mai tirato indietro dinanzi ai giudici, anzi, per arrivare il più pulito possibile alle elezioni di domenica ha ottenuto anche un’altra assoluzione nel mese di febbraio nel processo Caligola, giudicato con rito abbreviato. Fatto sta che l’ex sindaco di Pescara, ora in corsa per la carica di governatore, dovrà tornare dinanzi ai giudici e per questo ci si continua a interrogare sull’opportunità della sua candidatura. Che oltre al larghissimo consenso dei cittadini, ha incassato pure quella, seppur sofferta, di Matteo Renzi e della sua segreteria che dopo qualche tentennamento hanno dato il placet al vincitore delle primarie di coalizione. Nella giornata di ieri, intanto, D’Alfonso ha subito l’ennesimo attacco dal Movimento 5 Stelle direttamente dalla Camera dei deputati, firmato dal deputato pentastellato Andrea Colletti: “Il candidato governatore ha più capi d’imputazione di Toto Riina”. Un affondo duro a cui D’Alfonso non ha dato seguito, sperando di rispondere con il risultato delle urne.

Le ultime spese pazze
Non che se la passino meglio sul versante centrodestra. Il nome del presidente uscente Gianni Chiodi è finito, infatti, nell’inchiesta riguardante il capitolo spese pazze (25 le informazioni di garanzia emesse a gennaio). E la famosa stanza d’albergo 114, nelle vicinanze del Pantheon a Roma, finita nel mirino de Il Fatto Quotidiano che rivelò il pernottamento del governatore in compagnia di una donna (non sua moglie) che poi avrebbe ottenuto un incarico in Regione. “Nessun aiuto”, chiarì Chiodi, “per un incarico da 200 euro al mese”. Messo sulla graticola il governatore uscente è riuscito comunque a resistere e a guadagnarsi la riconferma direttamente da Silvio Berlusconi, nonostante fossero circolati una serie di nomi per sostituirlo. I conti rimessi a posto, soprattutto nella sanità, hanno giocato a favore di Chiodi, la cui Giunta nel corso dei cinque anni ha dovuto subire diversi colpi. Sono saltati infatti ben tre assessori per via giudiziaria: Lanfranco Venturoni, Daniela Stati e, per ultimo, Luigi De Fanis (indagato per un presunto contratto sessuale con la sua segretaria). A fare da spettatori interessati alla querelle giudiziaria gli altri due candidati a guidare l’Abruzzo: Sara Marcozzi per il Movimento 5 Stelle e Maurizio Acerbo con la lista “Un’altra regione con Acerbo”. Ora la parola passa agli elettori. La questione morale, invece, resta senza alcuna risposta.

 

Troppi candidati col vizietto della transumanza

Da destra a sinistra e viceversa. C’è poco da sorprendersi: si tratta di una consuetudine ormai consolidata. Tanto più a livello locale. Non sfugge a un quadro del genere la regione Abruzzo dove ad aver cambiato casacca non sono soltanto i semplici candidati, magari nemmeno eletti, ma addirittura ex esponenti di rilievo dei partiti e componenti della Giunta. È questo il caso di Daniela Stati, ex assessore di centrodestra (Forza Italia) alla Protezione Civile nell’ultima legislatura guidata da Gianni Chiodi.  Non portata a conclusione dalla Stati perché l’ex assessore finì nell’indagine sulla Commissione Grandi Rischi (inchiesta relativa al sisma dell’Aquila) per una telefonata con l’allora Capo della Protezione civile Guido Bertolaso, e per questo motivo restituì le deleghe su Protezione civile, Ambiente e Rifiuti. Alla fine la posizione della Stati venne archiviata, senza riportare alcuna conseguenza giudiziaria. Uscita dal centrodestra, dopo un breve passaggio in Futuro e Libertà, la Stati ora prova a rientrare in Regione sostenendo il candidato presidente per il centrosinistra Luciano D’Alfonso, all’interno della lista Abruzzo Civico. Ma sono tanti altri a essere saltati sul “Luciamion” (il camion utilizzato da D’Alfonso in campagna elettorale), come ad esempio Donato Di Fonzo e Gianni Teodoro con trascorsi rilevanti tra le fila dei berlusconiani e anche Alessio Monaco, con un passato nel centrodestra. Solo all’ultimo momento, con una sommossa degli alti vertici del Pd, è stata evitata la candidatura, data per certa, di Angelo Di Paolo, ex assessore di Chiodi dimessosi pochi giorni prima della chiusura della legislatura per svoltare a sinistra. Ma Di Paolo aveva già cambiato “sponda” dato che in passato era stato al fianco del governatore di centrosinistra Ottaviano Del Turco. E dopo un passaggio a destra, c’aveva ripensato di nuovo. Ma per lui la corsa all’Emiciclo è stata stoppata di forza da via del Nazareno. La mappa delle transumanze potrebbe essere allungata ulteriormente con altri candidati passati da una parte all’altra. Se non fosse altro che attenzione meritano anche alcuni esponenti a 5 Stelle in passato molto vicini ad altri partiti, al di  là di quanto predicato dai guru del Movimento, che vorrebbero candidati totalmente “puri” rispetto alla partecipazione in altri movimenti politici.