Non lo nasconde neanche l’Associazione dei magistrati della Corte dei Conti: l’approvazione della riforma voluta dal governo Meloni, che avverrà il 27 dicembre al Senato, è un vero e proprio blitz di fine anno. Certo, le parole usate dal presidente dell’Associazione, Donato Centrone, sono più morbide, ma il senso è lo stesso: “Convocare l’Aula il 27 dopo la sessione di bilancio, tra le festività natalizie e prima della chiusura di fine anno, fa presupporre un’approvazione un po’ frettolosa della riforma”.
Un’accelerazione che in molti, nell’opposizione, leggono come una punizione nei confronti della Corte dei Conti dopo la bocciatura della delibera Cipess che dava il via libera definitivo al Ponte sullo Stretto di Messina. Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde, parla esplicitamente di “vendetta della maggioranza” e accusa il governo di voler smantellare “il principale presidio di legalità dello Stato per garantirsi impunità”. La riforma approderà in Senato, per il via libera definitivo, il 27 dicembre.
Riforma della Corte dei Conti, tutti i nodi: cosa cambia
La norma più contestata riguarda il limite di trenta giorni per controllare atti che valgono diversi miliardi, come per esempio quelli del Pnrr. Se la Corte dei Conti non fornisce il suo parere entro i 30 giorni, allora scatta il silenzio-assenso, con conseguente esenzione dalla colpa grave e dal danno erariale. Così i magistrati contabili avranno solo 30 giorni per esaminare documenti lunghi e complessi, anche quelli delle grandi opere che valgono svariati miliardi. Il rischio, concreto, è che questi atti vadano avanti senza alcun vaglio perché per i magistrati sarà impossibile valutarli. Anche perché parliamo di una categoria già considerata sotto organico. Il timore, sottolineato dall’Associazione dei magistrati, è che la riforma raddoppi gli atti sottoposti alla valutazione preventiva della Corte, attualmente 30mila l’anno con la norma che consente agli enti locali di chiedere l’esame degli atti attuativi del Pnrr.
Considerando che gli enti locali sono circa 8mila, se inviano anche solo pochi atti ciascuno si arriverebbe a decine di migliaia di atti. Insomma, secondo Centrone la riforma nasconde un rischio ingolfamento e di una “invasione di atti” valutati da circa 50 magistrati soltanto. Senza “maggiori risorse”, quindi, “verranno drenate dall’espletamento di altre attività, in particolare dai controlli di legalità finanziaria sui bilancio di Regioni, enti locali ed enti dell’esito sanitario, che sono la precondizione per poter erogare efficacemente le prestazioni ai cittadini”. Con la concreta possibilità di “alterare gli equilibri costituzionali posti a tutela della legalità, della finanza pubblica e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche, incluse quelle del Pnrr”.
La speranza di Centrone è che ci possa essere un ripensamento della maggioranza su quella che viene definita una “riforma frettolosa e priva di una visione sistemica”, “anche last minute”, pur sapendo che è molto “difficile”. La riforma, poi, riguarda anche l’assetto interno della Corte, con l’unificazione delle funzioni di controllo e di giurisdizione e la soppressione dei procuratori generali regionali, con il potere concentrato in poche mani. Ancora più preoccupante viene però ritenuto il nuovo tetto massimo al risarcimento del 30% del danno contestato (o al massimo dell’annualità di stipendio) per il giudizio di responsabilità. Il rischio è che il risarcimento massimo non sia un vero disincentivo rispetto a cifre elevate. Secondo Centrone, il risarcimento del danno al 30% “rischia di minare quella che è la funzione deterrente della responsabilità, soprattutto perché si applica anche a coloro che gestiscono fondi dell’Unione europea”. Al di là della riforma della Corte dei Conti, l’altra novità in tema di giustizia arriva sul referendum per la separazione delle carriere: il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto che prevede che le votazioni si svolgano su due giornate, domenica e lunedì.