Cosa c’è dietro

di Gaetano Pedullà

Diciamo al verità: c’eravamo felicemente abituati a non sentire più un giorno sì e l’altro pure questi noiosi euroburocrati che ci bacchettano sul debito, ci rimproverano sulle riforme, si raccomandano sulla corruzione… insomma, non gli va bene niente. Passate le elezioni europee si torna però alla vita di sempre. E come sempre non c’è molto da stare allegri. L’ondata degli euroscettici non ha travolto le grandi famiglie europee – il Ppe e i socialisti – e dunque il mood resta quello di prima. Magari anche con un po’ di sale in più sulle nostre ferite. Il partito di maggioranza a Bruxelles è quello dei popolari che ha nella Merkel il suo leader. Ora Renzi, di fatto l’azionista di maggioranza dei socialisti con i 31 eurodeputati del Pd, sta provando a far contare di più la sua parte politica e l’Italia. In ballo, prima di tutto, c’è la designazione del nuovo presidente della Commissione Ue, dove i tedeschi sostengono l’ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker. Ipotesi inaccettabile per il leader inglese David Cameron, che minaccia di lasciare l’Unione. Come dargli torto, visto che tutti chiedono all’Europa di cambiare, ma poi è sempre la Germania a imporre i suoi vassalli? In tutto questo, ci sono da assegnare le posizioni di punta nel governo europeo e nell’europarlamento. E soprattutto stabilire gli accordi sulle rigidità con cui la nuova Europa darà più o meno fiato ai suoi Stati per uscire dalla crisi. Una partita già senza esclusione di colpi, compreso il richiamo di ieri al nostro Governo, ventilando la possibilità di darci più tempo a condizioni che si faccia quello che la solita Europa vuole. Se questo è il nuovo corso, sembra tanto di rivedere il vecchio.