Cose da pazzi. L’Inps multata per aver dato la caccia ai furbetti del Covid. Dal Garante della Privacy una sanzione di 300mila euro

Cose da pazzi. L’Inps multata per aver dato la caccia ai furbetti del Covid. Dal Garante della Privacy una sanzione di 300mila euro

Puniti i controllori anziché i furbetti. Il Garante per la privacy ha sanzionato l’Inps per le verifiche compiute su quanti hanno chiesto, all’inizio della pandemia, il cosiddetto bonus Covid senza averne diritto, partendo da tre deputati. L’estate scorsa, quando esplose il caso, i leghisti Elena Murelli e Andrea Dara e l’allora pentastellato, poi finito nel gruppo misto e attualmente parte della componente Centro democratico di Bruno Tabacci, Marco Rizzone, finirono nella bufera.

Venne subito bollato come inaccettabile quel beneficio, destinato a chi ha realmente bisogno, 600 euro per le partite Iva finite alla fame a causa del lockdown e finito invece nelle mani di chi ha uno stipendio da parlamentare. E ora a finire sanzionato è stato appunto l’Istituto previdenziale che ha scovato i furbetti, con il risultato che così facendo si bloccherà qualsiasi controllo su piccoli e grandi abusi.

IL CASO. Lo scandalo dei deputati era stato scovato dopo una segnalazione della direzione centrale antifrode, anticorruzione e trasparenza dell’Inps. Il Garante, struttura presieduta da Pasquale Stanzione, ha però ora ordinato all’Inps di pagare una sanzione di 300mila euro ritenendo che una violazione siano stati gli accertamenti fatti sui furbetti. Il motivo sta in tutta una serie di cavilli burocratici, dalla mancata definizione dei criteri per trattare i dati di determinate categorie di richiedenti il bonus Covid all’uso di informazioni non necessarie rispetto alle finalità di controllo, dal ricorso a dati non corretti o incompleti all’inadeguata valutazione dei rischi per la privacy. Il problema insomma sono i controllori e non chi ha messo le mani senza averne diritto su denaro destinato a chi si trovava in reale difficoltà. Si parla addirittura di violazione dei principi di liceità, correttezza e trasparenza stabiliti dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali.

LA REAZIONE. L’Istituto previdenziale ha replicato, specificando che nell’analisi e nei controlli effettuati, per i quali lo stesso istituto “ha osservato integrale riservatezza, non sono stati utilizzati dati sensibili o anche dati che non fossero visibili al pubblico”. L’Inps ha poi concluso specificando che, “pur ritenendo eccessivo l’impianto di giudizio complessivo, attiverà prontamente la valutazione di impatto richiesta e la cancellazione dei dati non necessari”. Si adeguerà insomma a quanto stabilito dal garante. Ma i risultati sono pesanti.

IL RISULTATO. Punendo i controllori, il risultato sembra ora quello che i dirigenti e gli ispettori dell’Inps hanno paura di fare qualsiasi controllo incrociato, compresi quelli sulla cassa integrazione e le truffe aziendali. A maggior ragione visto che il ministero del lavoro, l’estate scorsa, aveva ben specificato all’Istituto previdenziale che le cariche elettive non avevano diritto al bonus e quindi gli accertamenti sembravano più che mai necessari e dovuti. Attività che ha portato ad avviare il recupero delle somme elargite a chi non ne aveva diritto, un recupero in corso proprio in questi giorni. Ma con la decisione del Garante si blocca tutto. Stop ai recuperi a danno dei politici e pure ai controlli sui percettori del Reddito di cittadinanza, la Cig, le aziende e così via. Se chi controlla e scova gli abusi viene punito, chi controlla finisce per non controllare più. E i soliti furbetti ringraziano.