Così hanno fermato il Capitano Ultimo. In un libro il ritratto dell’uomo che ha arrestato Riina. Rimasto coinvolto anche nel caso Consip

“Se arresti zingari e tossici va bene, di più no perché diventi un pericolo per le lobby e cominciano i guai”. Questo dice in Fermate il Capitano Ultimo (Chiarelettere, pagg. 232) il carabiniere Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, a Pino Corrias. Questo dice l’uomo che arrestò Totò Riina, e che con la sua squadra di investigatori condusse alcune delle più importanti indagini sulle mafie. Questo dice, eloquentemente, il colonnello che ha sfidato i cosiddetti “poteri forti”, che non si è mai tirato indietro e che, proprio per questo, oggi passa le sue ore dietro l’ultima vetrata, nell’ultimo ufficio di un corridoio. Senza neanche una targa sulla porta.

Un buco nero quello in cui Ultimo è precipitato, un buco nero che offusca anche l’immagine che fino a poco tempo fa si aveva del Capitano: gli occhi azzurri e il viso affascinante di Raul Bova nel celebre film che l’ha reso noto. Ma la realtà è ben diversa. Ed è tratteggiata in questa biografia in cui l’oggettività dell’inchiesta si mescola allo stile del romanzo. Il racconto è avvincente e, muovendosi su terreni molto scivolosi, offre un ritratto inedito ed esclusivo di uno dei personaggi certamente più controversi degli ultimi anni della storia d’Italia: da una parte condannato a indossare un passamontagna per sfuggire alla sentenza a morte emessa su di lui da Provenzano e Bagarella; dall’altra finito addirittura imputato – per poi essere assolto – nel processo sulla stessa trattativa Stato-Mafia (che per De Caprio non ci sarebbe mai stata: un’invenzione mediatica e nulla più).

È stato poi accusato di essere un carabiniere “esagitato, esaltato anzi eversivo”. E infatti, stando alla ricostruzione impeccabile offerta nel libro, non è stata la mafia a mettere fuori gioco l’uomo senza volto De Caprio. Dopo l’arresto di Riina e dopo che gli uomini della sua squadra erano stati dislocati nelle zone più remote d’Italia, Ultimo ha continuato a fare il suo lavoro. Si è occupato di Finmeccanica, della banca del Vaticano, dei diamanti della Lega, è stato infine accusato di aver complottato contro Renzi. Una balla colossale nata da un’informazione intossicata e mai provata, che però ha condannato ancora una volta Ultimo: l’incarico di quel periodo all’Aise è compromesso. Una buona ragione per trasferirlo nell’ultima porta di quell’ultimo corridoio. Che, tuttavia, non elude un’ultima domanda: perché questo trattamento? Solo per i continui attacchi all’Arma? Solo perché insolente? O c’è altro? A una risposta, più che plausibile, noi siamo arrivati al termine di questo libro. Grazie a questo libro.