Così hanno fregato il Pirata. “Fu la Camorra a fargli perdere il Giro del ’99”. Scommesse sulla sconfitta di Pantani

Per la procura di Forlì "un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma"

La rabbia per la morte di Marco Pantani cresce sempre di più. Nella famiglia, negli amici (quelli veri), nei suoi tifosi e in quelli del ciclismo. Perché quello che era un forte sospetto ora viene messo nero su bianco sugli atti dell’inchiesta della procura di Forlì: “Fu la camorra a fermare Marco Pantani il 5 giugno del 1999 alla vigilia della penultima tappa del Giro d’Italia con Gava, Mortirolo e Aprica”. Secondo la ricostruzione della Procura, come è stato scritto dal pm Sottani, “un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”.

L’OMBRA DELLE SCOMMESSE – La ricostruzione degli inquirenti mette in scena quel film dell’orrore che già traspariva dalla famosa frase riferita da Renato Vallanzasca: “Un membro di un clan camorristico in carcere mi consigliò fin dalle prime tappe di puntare tutti i soldi che avevo sulla vittoria dei rivali di Pantani. Non so come, ma il pelatino non arriva a Milano. Fidati”. Insomma l’ombra di scommesse miliardarie per lucrare sulla pelle di Pantani. Il caso ha ripreso quota grazie alla pubblicazione di un’intercettazione e ad essere “spiato”  è stato proprio l’uomo che in carcere confidò il piano a Vallanzasca. Quell’uomo è stato identificato grazie al lavoro delle procure di Forlì e Napoli. Subito dopo l’interrogatorio degli inquirenti, l’uomo ha telefonato a un parente e vediamo cosa ha detto.

Uomo: “Mi hanno interrogato sulla morte di Pantani.”
Parente: “Noooo!!! Va buò, e che c’entri tu?.”
U: “E che c’azzecca. Allora, Vallanzasca ha fatto delle dichiarazioni.”
P: “Noooo.”
U: “All’epoca dei fatti, nel ’99, loro (i Carabinieri, ndr) sono andati a prendere la lista di tutti i napoletani che erano…”
P: “In galera.”
U: “Insieme a Vallanzasca. E mi hanno trovato pure a me. Io gli davo a mangià. Nel senso che, non è che gli davo da mangiare: io gli preparavo da mangiare tutti i giorni perché è una persona che merita. È da tanti anni in galera, mangiavamo assieme, facevamo società insieme.”
P: “E che c’entrava Vallanzasca con sto Pantani?.”
U: “Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni.”
P: “Una dichiarazione…”
U: “Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: ‘Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla fine. Perché sbanca tutte ‘e cose perché si sono giocati tutti quanti a isso. E quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani. Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma.”
P: “Ma è vera questa cosa?.”
U: “Sì, sì, sì… sì, sì.”

I reati, per sfortuna, sono prescritti e la Procura di Forlì può soltanto archiviare. I legali di Pantani, però, sono pronti a dare battaglia sul fronte civile e sportivo, per capire se possano esserci spiragli per qualche azione.

LA SQUALIFICA – Quel controllo a Madonna di Campiglio costò a Pantani un Giro d’Italia già vinto e il declino definitivo che lo portò a spegnersi lentamente dopo qualche anno tutto solo in una triste stanza di un motel di Rimini. Il Pirata venne trovato con valori dell’ematocrito oltre la norma consentita dalla legge: ematocrito al 51,9% contro il 50% consentito dalle norme dell’Uci, la federciclismo mondiale. Negli anni a venire Pantani ci provò a tornare regalando ai suoi tifosi ancora qualche rara perla in montagna, come il testa a testa al Tour de France del 2000 sul Mont Ventoux con Lance Armstrong vincitore del Giro di Francia, ma non di quella tappa.

pantaniPANTANI VIVE – Il mito di Marco Pantani non è però mai tramontato. E oggi trova, seppur la consolazione è minima davanti a una vita spezzata ingiustamente, la conferma che Pantani in salita era il più forte di tutti e non aveva bisogno di doparsi a una tappa dalla fine di una corsa già vinta ampiamente. Dopo tanto buio è una giornata di gioia anche in casa Pantani con mamma Tonina che ha sempre creduto all’innocenza del figlio e che oggi può tornare a sorridere: “Devo ringraziare i ragazzi di Forlì, che ci hanno messo un grande impegno. Non mi ridanno Marco, logicamente, ma pensi gli ridiano la dignità, anche se per me non l’ha mai persa. Le parole di questa intercettazione fanno male, è una conferma di quello che ha sempre detto Marco, cioè che l’avevano fregato. Io mio figlio lo conoscevo molto bene: Marco, se non era a posto quella mattina, faceva come tutti gli altri. Si sarebbe preso quei 15 giorni a casa e poi sarebbe rientrato, calmo. Però non l’ha mai accettato, non l’ha mai accettato perché non era vero. Finalmente la gente ora potrà dirlo, anche se tanta gente sapeva che l’avevano fregato. Io sono molto serena oggi: finalmente sono riuscita e sono riusciti a trovare queste cose”.