Cottarelli, Marcucci, Fioroni & C. Tutti gli addii che fanno bene al Pd

L'economista Carlo Cottarelli è stato l'ultimo a lasciare la nave. Un favore alla Schlein che avrà meno nemici interni.

Cottarelli, Marcucci, Fioroni & C. Tutti gli addii che fanno bene al Pd

Se i sostenitori di Elly Schlein, nuova segretaria del Partito democratico, si aspettavano chiarezza politica all’interno del partito per ora non possono dirsi delusi. Carlo Cottarelli decide di lasciare il Pd e il suo posto da senatore e si aggiunge a Marcucci, Fioroni, Chinnici, Borghi che dopo l’elezione della nuova segretaria hanno deciso di spostarsi verso il centro.

L’economista Carlo Cottarelli è stato l’ultimo a lasciare la nave. Un favore alla Schlein che avrà meno nemici interni

L’economista di Cremona (che proprio nel collegio di Cremona ha incassato una sonora sconfitta contro Daniela Santanchè alle ultime elezioni politiche staccato di oltre 23 punti percentuali) ha sciorinato il suo addio con una doppia intervista dal salotto di Fabio Fazio a Che tempo che fa replicata sulle pagine del Corriere e con una lettera Repubblica in cui spiega di avere ricevuto un’offerta dall’Università Cattolica per “andare a dirigere un programma per l’educazione delle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori” in tutta Italia.

Cottarelli spiega di non essere a suo agio per “l’estrema conflittualità fra minoranza e opposizione”: “faccio qualche esempio, – dice Cottarelli – è prassi che le minoranze presentino degli emendamenti, io ho visto che sistematicamente sono rigettati. Tanto quanto, spesso le minoranze propongono emendamenti quasi solo per fare ostruzionismo. Mi aspettavo un atteggiamento meno conflittuale”.

È il cliché dei competenti di questo Paese che si stupiscono quando scoprono che le loro affermazioni discutibili vengono aspramente discusse. Che la natura della politica sia il contraddittorio, anche duro, e un incessante battaglia sulle proprie tesi e sui principi sembra essere sconveniente. C’è da aspettarselo: in un Paese in cui gli economisti sono stati rivenduti come gli unici “tecnici” superiori alla politica, capaci addirittura di guarirla, il ritorno a una centralità parlamentare (luogo in cui si parla e non si applaude) è ritenuto inelegante e sconveniente.

“Credo sia importante che ognuno faccia al meglio quello che può fare, credo di poter essere più utile al Paese nel mio ruolo di grillo parlante, di divulgatore”, spiega Cottarelli. Eppure non sono da “grillo parlante” ma sono estremamente politiche le motivazioni che il senatore quasi ex del Pd regala al giornale degli Agnelli: “Un Pd più a sinistra – scrive Cottarelli a Repubblica – può trasmettere un messaggio più chiaro agli elettori, cosa essenziale per un partito politico. Ciò detto, mi trovo ora a disagio su diversi temi“. Jobs Act, accise sui carburanti, freno superbonus, termovalorizzatori, eterno in affitto e nucleare sarebbero alcuni punti su cui il senatore si sarebbe sentito a disagio con il suo partito.

Il fiuto dell’economista si è rivelato fallace nel considerare quali fossero i desiderata degli elettori che avrebbe dovuto rappresentare. Poco male. Va riconosciuto a Cottarelli di avere almeno il prerequisito della decenza (cosa rara in Parlamento) di dimettersi anche da senatore anziché aderire a altri partiti. Per tastare il polso politico del suo addio basta osservare chi lo sventola come clava contro la segretaria Schlein: ci sono quasi tutti quelli del fu Terzo polo, e c’è l’esponente di spicco di Base riformista Lorenzo Guerini che esce dal suo abituale silenzio.

Dell’ex aspirante premier sentirà la mancanza solo Calenda che voleva imbarcarlo

“Io Cottarelli volevo candidarlo, e non capisco perché non si sia candidato con noi e invece si sia candidato col Pd”, ha detto il segretario di Azione Carlo Calenda. Sono in molti a non averlo mai capito. Carlo Cottarelli era la “punta di diamante” del Pd alle ultime elezioni politiche (parole dell’ex segretario Enrico Letta): la sua uscita dice molto del Pd che fu e molto di questo odierno. Così Schlein rischia di vincere per abbandono.

 

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