La crescita procede al rallentatore, i consumi sono stagnanti e la pressione fiscale aumenta, ma il governo festeggia. Ancora una volta, non si capisce per cosa. I dati diffusi dall’Istat sui conti nazionali sono tutt’altro che positivi, a partire dalla crescita di oltre un punto percentuale della pressione fiscale nel 2024: si è passati dal 41,2% dell’anno precedente al 42,5%, sui valori registrati nel 2020-2021. E l’aumento è legato alle maggiori entrate fiscali e contributivi (5,8%), superiore rispetto a quello del Pil a prezzi correnti (+2,7%).
Un dato che si contrappone alla propaganda del governo che dalla campagna elettorale del 2022 mette al primo posto il taglio delle tasse. Le cose sono andate diversamente, come fa notare il senatore di Avs, Tino Magni: “Dovevano abbassare il carico fiscale su chi lavora e sulle imprese ma, come dice l’Istat, le entrate fiscali sono cresciute più del Pil. Da quando c’è Meloni la pressione fiscale è aumentata e a pagare sono sempre gli stessi: i lavoratori. Non si governa solo con la propaganda. Quella sul taglio delle tasse è l’ennesima promessa elettorale non mantenuta”.
Non solo l’aumento della pressione fiscale: crescita e consumi fermi
Stesso punto sottolineato anche dalla senatrice di Italia Viva, Annamaria Furlan, che parla di dati “impietosi” e che “inchiodano il governo alle proprie responsabilità”, con l’aumento del peso del fisco che ricade soprattutto sui lavoratori dipendenti. La crescita della pressione fiscale va di pari passo con consumi stagnanti, che “frenano la crescita del Pil”, come sottolinea Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori. La spesa per consumi finali delle famiglie è cresciuta dello 0,5% in volume contro un Pil in crescita dello 0,7%. E non è un caso che anche il Codacons è preoccupato dalla “mancata ripartenza dei consumi”, sottolineando come sia in “sensibile calo” anche la spesa per la salute e per lo svago, oltre che per la cura della persona.
Ma il governo fa finta di niente
Eppure il Mef, guidato da Giancarlo Giorgetti, esprime “soddisfazione” per il dato sul Pil. La crescita del 2023 è in effetti stata rivista al rialzo all’1% (la precedente stima era dello 0,7%), ma parliamo ormai di due anni fa. Nel 2024, invece, la crescita è stata solo dello 0,7%, come già stimato a marzo. Nonostante questo, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ritiene questi dati “sicuramente positivi”. E pensare che solo pochi giorni fa Leo spiegava di aspettare questi dati nella speranza di avere risorse in più per la manovra e il taglio dell’Irpef. Risorse che, evidentemente, non ci sono considerando che la crescita del Pil nel 2024 è rimasta ben al di sotto dell’1%.