Crescita e debito a rischio, l’allarme di Bankitalia mette Giorgetti all’angolo. Anche il Fondo monetario in pressing: “Per l’Italia necessario tagliare il deficit”

Crescita e debito a rischio, l’allarme di Bankitalia mette Giorgetti all’angolo. Anche il Fondo monetario in pressing

Crescita e debito a rischio, l’allarme di Bankitalia mette Giorgetti all’angolo. Anche il Fondo monetario in pressing: “Per l’Italia necessario tagliare il deficit”

Accerchiato. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, all’assemblea annuale del Fmi e della Bce che si sta svolgendo a Marrakech, prima di rientrare a Roma dove lo attendevano al varco le parti sociali sulla Manovra, ha dovuto fronteggiare il fuoco di raccomandazioni e rimproveri di ogni sorta che sono piombati addosso sui piani di bilancio che ha messo nero su bianco nella Nadef.

E come se non bastasse dall’Europa è arrivato l’ennesimo richiamo sul Meccanismo europeo di stabilità. Il Fondo monetario internazionale che, qualche giorno fa, ha tagliato le stime sulla crescita dell’Italia e ha spronato il governo a essere più ambizioso sulla riduzione del debito, ieri ha ripetuto che è necessario che i governi riducano i deficit anche per aiutare le banche centrali nella lotta all’inflazione. Un invito che vale a maggior ragione per l’Italia che conta su un extra-deficit di 15,7 miliardi solo nel 2024 per finanziare due terzi della Manovra.

Mani di forbice

E mentre il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è ritornato a predicare prudenza sulla Manovra, il Bollettino economico di via Nazionale ha provveduto a sforbiciare le stime sulla crescita dell’Italia. Il Pil aumenterebbe dello 0,7% quest’anno e dello 0,8 nel 2024. Mentre in luglio la previsione era dell’1,3% per quest’anno e dello 0,9% per il 2024. Nella Nadef la crescita è stimata a +0,8% nel 2023 a +1,2% nel 2024. E poi c’è la preoccupazione sul debito.

“L’incidenza del debito” pubblico italiano “sul prodotto nel prossimo triennio segnerebbe una riduzione solo marginale, con rischi tendenzialmente al rialzo”, dice Bankitalia. Insomma ancora una volta deficit e debito di casa nostra – con i numeri fissati nella Nadef che non convincono – rimangono in cima alle preoccupazioni degli analisti. Giorgetti ha un calendario da incubo con una serie di giudizi che si susseguiranno in poco meno di un mese. Ad aprire le danze sarà S&P, che il 20 ottobre annuncerà se confermare o rivedere il suo BBB con outlook stabile. Il 27 sarà toccherà a Dbrs (BBB High con trend stabile), poi Fitch – che ha già espresso preoccupazione per l’allentamento degli obiettivi di bilancio nella Nadef – si esprimerà il 10 novembre (BBB con prospettive stabili). Ma la data più attesa è il 17 novembre, quando arriverà la decisione di Moody’s, rimasta in stand by da maggio, quando l’agenzia decise di non aggiornare il rating. L’attuale giudizio classifica l’Italia a Baa3 con prospettive negative e a fine aprile la stessa agenzia evidenziava in un report come l’Italia fosse l’unico Paese tra quelli ‘coperti’ a rischiare “di perdere l’’investment grade”.

Giorgetti prova a difendersi come può. “Non temo il giudizio delle agenzie di rating anche perché ne abbiamo incontrate qui diverse e abbiamo spiegato i punti di forza”. Ma ammette di non poter escludere il taglio del rating. E in merito alle tensioni espresse dagli investitori sull’Italia ha manifestato ottimismo con un “non mi preoccupano i mercati, ma sono consapevole dei punti di forza e dell’atteggiamento che abbiamo tenuto e continueremo a tenere”.

Ottimista pure sul fatto che la diversità di vedute tra governo e Fmi si ricomporranno “quando verranno letti i documenti ufficiali”. E se qualche giorno fa ha tenuto a precisare che il suo ruolo è diverso da quello del direttore del Fmi, ieri ha detto che il suo mestiere è più difficile di quello di Christine Lagarde.

“La Bce fa il suo mestiere” nella lotta all’inflazione, “io sono un politico e devo tenere conto di tutto, dell’economia reale, delle famiglie e delle imprese e credo sia un mestiere più difficile di quello del presidente della banca centrale”. E poi c’è il Mes. Il ministro leghista è in difficoltà. Fosse per lui direbbe pure sì alla ratifica ma il suo partito e quello della premier non ne vogliono sapere. Solo che a Bruxelles stanno perdendo la pazienza. “Aspettiamo che l’Italia proceda con la ratifica. Stiamo lavorando duramente per convincerli a farlo. L’Italia è un Paese sovrano, ma si è impegnata a farlo, e ne abbiamo estremamente bisogno”, ha detto il dg del Mes, Pierre Gramegna.