Che cuccagna il Covid per le mafie. Sospetti su 113mila operazioni. Record di compravendite societarie per 22 miliardi. In 341 transazioni segnalati soggetti legati alla criminalità organizzata

Almeno 176mila imprese sono finite in affanno con la pandemia. Diventando facile preda delle mafie che hanno potuto investire liquidità.

Che cuccagna il Covid per le mafie. Sospetti su 113mila operazioni. Record di compravendite societarie per 22 miliardi. In 341 transazioni segnalati soggetti legati alla criminalità organizzata

Almeno 176mila imprese sono finite in affanno con la pandemia. Diventando facile preda delle mafie, che con la diffusione del Covid-19 hanno potuto investire la liquidità a disposizione. A cominciare dal materiale sanitario. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha riferito di aver sequestrato, nel 2020, 10mila tonnellate di merce varia. Tra questi c’erano 5mila apparecchiature sanitarie, 20 milioni di mascherine illegali e un milione di camici. Insomma, il coronavirus è stato un grande affare per la criminalità che ha potuto infiltrarsi nel tessuto economico dell’intero Paese. Andando oltre il materiale sanitario, e prestando particolare attenzione al Nord, nelle aree produttive messe in ginocchio dai mesi di lockdown.

RICICLAGGIO. “È quanto mai significativo che, tra marzo e novembre 2020, in Italia siano stati accertati circa quattordicimila atti di compravendita di quote societarie, per un valore complessivo dichiarato pari a oltre 22 miliardi di euro”, dice a La Notizia Paolo Lattanzio, deputato eletto con il Movimento 5 Stelle e ora nel Partito democratico, citando il suo libro Pandemia mafiosa, edito da Rubbettino, che sarà presentato oggi alla Camera.

Lo studio di Lattanzio mette insieme le cifre con l’esperienza personale da presidente del “comitato per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria da Covid-19”, istituito nella commissione parlamentare Antimafia. Ne esce fuori un quadro allarmante. Le 14mila operazioni non saranno state tutte illegali, certo. Ma è significativo che in molti abbiano acquisito attività nonostante la fase di crisi e incertezza. Più di qualche spia rossa si è accesa.

Nel 2020, l’anno dell’arrivo della pandemia, l’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia ha raccolto 113.187 segnalazioni di operazioni sospette, facendo registrare un incremento del 7% rispetto al 2019. Non solo. L’organismo antiriciclaggio di via Nazionale ha rilevato un forte inserimento della criminalità organizzata nelle operazioni sospette connesse alla fase pandemica. In 341 segnalazioni sono risultati coinvolti soggetti presenti anche nei database della Direzione nazionale antimafia.

“Le mafie hanno visto nell’emergenza legata alla pandemia un’opportunità”, spiega Lattanzio, lodando la Uif che “ha fatto un lavoro straordinario, sviluppando uno specifico indicatore sul rischio di infiltrazione delle imprese da parte della criminalità organizzata e offrendoci quindi dei dati ancora più netti su cui è necessario intervenire”. L’organismo di Bankitalia indica infatti “la debolezza finanziaria di famiglie e imprese accresce il rischio di usura, anche come strumento per l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle aziende”.

REATI INFORMATICI. C’è poi un’altra faccia del problema dell’illegalità: la crescente insicurezza informatica, rivelata dalle cifre della Polizia. “Gli attacchi alle infrastrutture strategiche nel 2020 sono aumentati del 246% rispetto all’anno precedente”, riporta libro Pandemia mafiosa. E ancora: “Le persone indagate per reati di natura informatica sono passate da 59 a 105, con un aumento del 78% rispetto al 2019” e “complessivamente gli attacchi informatici dei primi sei mesi del 2021 rappresentano il 74% dell’intero anno 2020”. La criminalità, insomma, ha trovato altre forme per colpire. Dalla attività ai furti digitali, che colpiscono le persone anche quando sono in casa, al chiuso, in apparenza al riparo da minacce esterne.