Il 13 dicembre 2015, uscendo dal carcere di Rebibbia dove aveva scontato quattro dei sette anni ai quali era stato condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione di notizie riservate, Totò Cuffaro (alias Vasa-Vasa) aveva proclamato solennemente: “Basta con la politica, mi occuperò di volontariato”.
Una promessa che l’ex governatore siciliano, attuale segretario nazionale della Democrazia Cristiana, sembra non essere stato in grado di mantenere, visto che per la procura di Palermo sarebbe stato al vertice di una vera e propria associazione criminale. Tanto che per lui e per altre 16 persone ha chiesto gli arresti domiciliari. Le accuse vanno dall’associazione a delinquere, alla corruzione, fino alla turbata libertà degli incanti.
Oltre Cuffaro Romano è l’altro big indagato
Tra le richieste di arresto, l’altro nome di peso è quello di Saverio Romano, già ministro dell’Agricoltura del governo Berlusconi, oggi deputato e coordinatore di “Noi Moderati” di Maurizio Lupi. Arresti sui quali il Gip non si è ancora pronunciato grazie (o a causa) della riforma Nordio, in base alla quale è stata notificata agli indagati la richiesta di arresto della procura, propedeutica agli interrogatori di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari, fissati per il 14 novembre. Ieri i Carabinieri del Ros si sono presentati a casa di numerosi indagati – Cuffaro compreso – per le perquisizioni.
Per i pm avrebbero creato favorito imprenditori e pilotato nomine nella sanità
Secondo l’accusa Cuffaro avrebbe utilizzato l’influenza derivatagli dalla lunga carriera politica e dai ruoli ricoperti nell’amministrazione regionale e messo a disposizione la sua rete di conoscenze per incidere su concorsi, gare di appalto e procedure amministrative in modo da favorire imprenditori amici, procurare loro vantaggi e al tempo stesso rafforzare il proprio consenso politico.
Un comitato in grado di infiltrarsi ovunque
I pm parlano di un comitato di affari occulto in grado di “infiltrarsi e incidere sulle attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione Sicilia e catalizzare il consenso elettorale del maggior numero di cittadini“. Cuffaro, secondo i pm, sarebbe stato il dominus dell’associazione “impartendo direttive ai coindagati, mediando con i rappresentanti di enti e imprese, con cui erano in corso o in esecuzione le intese corruttive, e stabilendo l’entità delle utilità indebite richieste”.
Al centro dell’attività del comitato d’affari nomine di dirigenti e funzionari pubblici e regionali negli enti e apparati amministrativi di maggior rilievo nell’ambito di settori nevralgici come la sanità, gli appalti e le opere pubbliche, “in modo tale da potere poi condizionare, attraverso questa pregressa opera di fidelizzazione, l’attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione Sicilia”, dicono i magistrati.
Chi c’era nel comitato
Del comitato d’affari avrebbero fatto parte anche il capogruppo della Dc all’Assemblea Regionale Siciliana Carmelo Pace “membro di spicco del sodalizio, in quanto incaricato del compito di operare anche, ma non solo, nei contesti istituzionali solo a lui accessibili in virtù della carica ricoperta”- si legge nel decreto di perquisizione – e Vito Raso uomo di fiducia dell’ex presidente e segretario particolare dell’assessore alla Famiglia.
Forti dei rapporti stretti negli anni, alimentati dall’aver piazzato ai vertici di enti pubblici strategici come aziende sanitarie e consorzi di bonifica persone di fiducia, i componenti del comitato d’affari avrebbero dunque condizionato la definizione di concorsi, gare, appalti e procedure amministrative in cambio di somme di denaro, assunzioni in aziende, posti di lavoro, contratti di sub-appalto.
Ecco come agivano
Per i magistrati si sarebbero proposti alle imprese e, in generale, ai loro interlocutori come intermediari lasciando intendere di essere determinanti nell’aggiudicazione degli appalti banditi da enti pubblici o nel buon esito di concorsi. I vertici dell’organizzazione illegale si erano costruiti un ruolo decisivo di intermediazione “rimanendo, poi, a disposizione in modo da favorire la massimizzazione dei profitti e rimuovendo gli ostacoli che avrebbero potuto impedire o rallentare gli esiti favorevoli degli affari”, si legge nel decreto di perquisizione.
Vasa-Vasa: “Massima collaborazione e fiducia negli inquirenti”
“Stamani mi hanno notificato un avviso di garanzia e hanno effettuato perquisizioni nella mia abitazione e in ufficio. Ho fornito ai carabinieri la massima collaborazione e sono sereno, rispetto ai fatti che mi sono stati contestati, per alcuni dei quali non conosco né le vicende né le persone. Sono fiducioso nel lavoro degli organi inquirenti e pronto a chiarire la mia posizione”, ha dichiarato Cuffaro.
Sulla stessa linea Romano: “Apprendo dalla stampa di una richiesta della procura di Palermo che mi riguarderebbe: non ne so nulla e non ho ricevuto alcuna comunicazione. In ogni caso sono assolutamente tranquillo e a disposizione, pronto a chiarire eventuali dubbi dei magistrati, dei quali ho la massima stima e considerazione”.
L’ennesima tegola sulla giunta Schifani
E intanto a tremare è anche la giunta del presidente siciliano Renato Schifani, martoriata dalle recenti indagini che coinvolgono due suoi assessori – Luca Sammartino (indagato per corruzione e voto di scambio) ed Elvira Amata (corruzione), e il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, indagato per corruzione e peculato.