La Sveglia

Cuperlo lascia libertà di voto. Nel Pd la sfida resta aperta. Il presidente emiliano: “Se vinco, Elly dia una mano”. Ma la sfidante respinge l’offerta e va all’attacco

Cuperlo lascia libertà di voto. Nel Pd la sfida resta aperta. Bonaccini: “Se vinco, Elly dia una mano”. Ma la sfidante respinge l’offerta

Cuperlo lascia libertà di voto. Nel Pd la sfida resta aperta. Il presidente emiliano: “Se vinco, Elly dia una mano”. Ma la sfidante respinge l’offerta e va all’attacco

Paola De Micheli l’ha annunciato. Voterà per Stefano Bonaccini e chiederà “a chiunque vinca di lavorare alla riforma del partito, al nuovo statuto dei lavori, alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e di avere la garanzia di assoluta contrarietà all’autonomia differenziata”. Gianni Cuperlo (l’altro candidato alla segreteria del Pd uscito sconfitto dalla prima fase, quella del voto degli iscritti) invece annuncia di lasciare “libertà di scelta” ai suoi elettori. Lancia però una provocazione: “La prossima volta facciamo che 151.000 iscritti e iscritte al Pd siano sufficienti a eleggere il segretario o la segretaria?”, scrive sul suo profilo Facebook, lasciando intendere che ritiene Bonaccini già legittimato dal voto dei militanti.

No, grazie

Gli ultimi giorni del congresso del Partito democratico in vista del voto nei gazebo di domenica prossima, vedono i candidati in campo, Stefano Bonaccini e Elly Schlein, impegnati a parlare “all’esterno” e finalmente si comincia a discutere di temi e a sottolineare le rispettive differenze. Accantonata la cortesia che ha regnato fin qui, ieri Schlein ha denunciato ancora una volta “i signori delle tessere” e ha definito “scellerata la scelta del Pd di liberalizzare i contratti a termine, con i decreti Poletti e poi il Jobs Act”.

“Io ero in piazza con la Cgil. Gli altri non li ho visti. Bisogna limitare i contratti a termine, spazzare via i contratti pirata, fissare il salario minimo. E ragionare sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e sulle nuove tutele del lavoro digitale”, spiega l’ex vicepresidente dell’Emilia Romagna. Bonaccini prova a smorzare i toni annunciando che nel caso dovesse risultare il prossimo segretario del Pd chiederà una collaborazione stretta alla sua avversaria: “Se diventerò segretario – dice Bonaccini intervistato da Rai Radio1 – chiederò ad Elly di dare una mano, se sarà lei a prevalere senza chiedere niente per me darò una mano, ho sofferto troppo le divisioni nei gruppi dirigenti”.

Ma la reazione di Schlein arriva gelida a stretto giro di posta: “Non ha senso, è finito il tempo del partito patriarcale che vede le donne bene nei ruoli di vice e credo il partito necessiti di una guida femminista che apra il varco a donne e giovani. Io non ho offerto posti e non mi sono stati offerti”. Basta questo scambio per capire che la candidata alla segreteria ha scelto un’altra marcia per questi ultimi giorni di campagna per le primarie. Proprio Schlein del resto è stata spesso accusata di avere fatto pesare troppo poco la sua voce durante la vicepresidenza dell’Emilia Romagna. Nel suo entourage chiariscono che “i modi e le forme della collaborazione all’interno del partito verranno eventualmente decisi quando il risultato sarà definitivo”.

Insomma, non sono questi i giorni dell’armonia. Ora serve uno strappo deciso. Per ora rimangono sospese le parole del sindaco di Milano Beppe Sala che auspica “una sintesi tra i due” come “modo per ripartire”.

Nodo alleanze

Anche sul tema delle alleanze cominciano a dipanarsi le nubi del sottinteso a cui abbiamo assistito fino a qui. “Non voglio tirare per la giacchetta nessuno – spiega Schlein in un’intervista -. Si parte dai temi. Ci sono punti di contatto importanti con il M5S a partire dalla difesa del reddito di cittadinanza e dalla battaglia per il salario minimo” e “ho sentito che si aspetta l’esito del congresso per capire come rapportarsi con noi. Vengo da un percorso che ha lavorato in alcune realtà come Bologna e Napoli, dove sono state costruite alleanze sui temi. E da un’area che ha sofferto molto la rottura di quest’asse”.

Niente di nuovo rispetto alle posizioni già espresse dopo le elezioni regionali in cui proprio Schlein aveva invitato il Partito democratico a guardare a sinistra e non al centro, con un chiaro riferimento al cosiddetto Terzo polo. Molto più guardingo Bonaccini che chiarisce che “non c’è tabù verso nessuno” e insiste su un Pd che debba essere il punto focale di qualsiasi alleanza.

“Quello che mi permetto però di dire è che almeno, ognuno nella propria autonomia, su alcune battaglie potremmo insieme fare opposizione in Parlamento e nel Paese’’. Gli fa eco l’eurodeputata Pina Picierno: “Il dibattito sulle alleanze per me viene dopo – spiega la portavoce della mozione Bonaccini -. Ora vogliamo ridare al Partito democratico quella vocazione maggioritaria che col tempo ha smarrito. E che può metterci su una strada in cui le alleanze non sono esperimenti di laboratorio, ma puntelli per rafforzare una proposta di Paese”. Le differenze, almeno sulla carta, sono comunque evidenti.

I programmi dei candidati del Pd

Schlein propone di interrompere qualsiasi finanziamento alla cosiddetta Guardia costiera libica mentre Bonaccini vorrebbe “un’Agenzia di coordinamento delle politiche migratorie sottratta alle diatribe politiche”. Schlein vorrebbe un partito che “ricominci a investire sulla formazione politica” e Bonaccini propone “referendum obbligatori tra gli iscritti sulle grandi scelte”. Schlein vuole “migliorare il Reddito di cittadinanza, senza abolirlo” e “voltare pagina dagli errori del Jobs Act”.

Sulla casa Bonaccini propone “un modello sociale Housing First” mentre Schlein punta a dare strumenti in grado di aiutare chi non è in grado di pagare gli affitti. Sul fisco Bonaccini propone un taglio strutturale del cuneo contributivo almeno del 10% per tutti e del 30% per i giovani mentre Schlein insieme a una “riforma fiscale complessiva e progressiva” punta sul tema dei grandi patrimoni che “deve essere affrontato in un’ottica redistributiva”. No, non sono uguali. E non lo sono nemmeno nelle alleanze che hanno in mente. A meno che tutto finisca con un “accordo totale” che lasci tutto com’è.