di Lapo Mazzei
Domanda: a chi serve lo sfascio totale? Risposta: a nessuno. A prima vista tutto ciò potrebbe sembrare l’evoluzione di un gioco facile, elementare, di quelli proponibili anche ad un bambino. In realtà si tratta della cosa più difficile, di una vera e propria missione impossibile, trattandosi del compito auto assegnatosi dal presidente del Consiglio, Enrico Letta. Che durante la missione a Malta si è fatto la domanda dandosi la risposta che avete letto sopra. E se oggi il premier può permettersi questo artifizio retorico è perché Angelino Alfano ha lavorato alacremente per lui, mettendo all’angolo – ma non fuori gioco – Silvio Berlusconi. Insomma, se uno il coraggio non ce l’ha, manzonianamente parlando, deve farselo dare. E non da primo che capita ma da colui che sta tessendo la tela da vendere al mercato.
L’Alfetta corre veloce
Letta e Alfano, o alfetta stando al nuovo conio delle cronache dal Palazzo, da questo punto di vista stando funzionando a meraviglia. Perché se il fine settimana si era chiuso con i fuochi d’artificio, con Berlusconi che ha “ricordato” ai suoi ministri che mettersi contro di lui significa fare la fine di Fini, l’avvio di settimana ha portato la riapertura del fronte delle polemiche sulla legge di stabilità. Il presidente del Consiglio, primo diretto interessato delle conseguenze esterne alle tensioni interne del Pdl, ha subito replicato che far così non giova a nessuno. Nessuno. “Capisco che ci sia delusione, ma il “cupio dissolvi” non porta da nessuna parte”, dice Letta usando un’espressione latina che tradurre con un “desidero di dissoluzione” non è abbastanza sapido. Soprattutto, aggiunge il premier, “continuo a non vedere quali alternative serie ci siano alla situazione attuale” Quindi “mischiare le due vicende” governativa e personale di Berlusconi “non porta da nessuna parte. L’ho detto fin dall’inizio a Berlusconi e l’ho ribadito nei due passaggi della fiducia. Le due vicende vanno separate e se non si separano non c’è guadagno per nessuno, solo avvitamento della crisi. La mia linea rimane quella e sono molto determinato”. Un Letta non si era visto da tempo, dicono anche dalle parti del Pd. Sintomo che l’iniezione di Alfano è davvero un bel ricostituente.
La rabbia di Brunetta
E tanto per capire l’aria che tira, non certo a Malta bensì nel triangolo del potere romano, dalle parti del Pdl gli risponde il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta. “Letta è un ingrato e un masochista. Tratta il presidente Berlusconi al passato. Parla di “cupio dissolvi” di colui che l’ha voluto alla testa del governo, che ha voluto le larghe intese”, afferma l’ex ministro della Funzione pubblica, “ha voluto con forza e fiducia in lui un esperimento potenzialmente storico di collaborazione tra sinistra e centro destra. In cambio ora lo dileggia”. Anatema sul premier, quindi, anche se (e qui si torna alle tensioni interne al Pdl) Fabrizio Cicchitto dice di non condividere quanto sussurrato dal Cavaliere all’Huffington Post di Lucia Annunziata su di sè, sul governo e sul presidente del Consiglio.
Il fronte Pd
Dal fronte del Pd, intanto, arriva l’ennesima rassicurazione. Gianni Cuperlo, aspirante segretario del partito, insiste e ribadisce che l’esecutivo dovrà arrivare a scadenza naturale: Primavera 2015. Altro che “cupio dissolvi”. E proprio perché il quadro si va facendo sempre più dinamico, il Cavaliere si è visto costretto a scendere da cavallo, rinviando l’operazione di “scouting” a Villa Gernetto. Nei giorni scorsi era circolata la voce di un incontro fissato per ieri sera, nella villa settecentesca di Lesmo, tra Berlusconi e un centinaio di giovani da arruolare nella nuova Forza Italia. Il Cavaliere, invece, resterà ad Arcore, dove, come ogni lunedì, fa il punto della situazione con i vertici di Mediaset e i figli. Sul tavolo sempre il nodo dei processi, legato al voto sulla decadenza da senatore, in vista del Consiglio nazionale del Pdl, convocato per sabato al palazzo dei Congressi dell’Eur. Un altro segnale dell’avanzamento di Letta e del coraggio di Alfano, vero paracolpi del premier, come dimostra questa mirabolante metafora calcistica. Innescata dalla domanda che il giornalista del”’The Irish Times”, Patrick Agnew, ( quello delle palle d’acciaio) ha rivolto a Letta in un audio, inedito, mandato in onda ieri a “Un giorno da pecora”. “Allegri dipende totalmente da Berlusconi, io dipendo dal Parlamento, che il due ottobre ha già dimostrato di darmi la fiducia. Io spero che Allegri resti al Milan, perché mi piace come allenatore. Ma io mi sento un po’ più forte di lui”. E dire che Letta tifa Milan…