D-anno giudiziario. Il grido comune delle Procure: manca organico fino al 40%. Così spopolano mafie e terrorismo

Il grido che arriva dalle Procure d'Italia all'apertura dell'anno giudiziario è sempre lo stesso: l’amministrazione della giustizia “resta al collasso“.

Il grido, comune, che arriva dalle Procure d’Italia all’apertura dell’anno giudiziario è sempre lo stesso: l’amministrazione della giustizia “resta al collasso“. Per l’organico troppo risicato per le sfide da affrontare, che sono tante e dure. Come dimostrano le inchieste portate avanti in questi anni contro il terrorismo e organizzazioni criminali. A iniziare da Milano, dove i clan sono riusciti a infiltrarsi nei lavori di “Fiera Milano spa“, un fatto assai grave per la città di Milano”. Sono queste le parole che il Procuratore generale di Milano Roberto Alfonso ha scelto per inaugurare l’Anno giudiziario, durante il quale ha voluto lanciato un allarme per lo stato in cui versa la giustizia.

Alfonso, nella relazione per la cerimonia per l’Anno giudiziario milanese, scrive che pur apprezzando “davvero gli sforzi” del ministro della Giustizia Andrea Orlando, “non si può non osservare che, a fronte di una crisi ormai cronica della giustizia, tutto ciò che rimane è un bando di concorso per l’assunzione di 800 assistenti giudiziari”. Ossia, precisa Alfonso, “meno del 10% delle vacanze degli organici del personale amministrativo”. E “così stando le cose – si legge ancora – l’Amministrazione della giustizia resta al collasso”. Il mancato “adempimento – spiega Alfonso – agli obblighi imposti al Ministro della Giustizia dall’art. 110 Costituzione (in cui si dice che spetta al Ministro “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”, ndr) non consente al sistema di rispondere adeguatamente alle esigenze del cittadino; rallenta le aspettative delle imprese; non rende competitivo il Paese; non consente di uniformarsi al dettato costituzionale della ragionevole durata del processo; rende difficoltoso il rispetto del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale per l’inadeguatezza delle risorse”. Per Alfonso il “malfunzionamento della giustizia ha instaurato un rapporto anomalo fra Stato e Cittadino”, da qui l’invocazione di “un intervento urgente e serio del Governo” per dare “al cittadino la speranza che i suoi diritti siano riconosciuti in tempi ragionevoli”. Anche perché “quando si spegne la Giustizia e si spezza il rapporto di Fiducia fra istituzioni e cittadino, condizioni minime di convivenza civile, si mette a rischio la stessa libertà di un Paese e la sua democrazia”.

Boom prescrizioni a Roma – Non va meglio a Roma, dove “il lavoro statistico” relativo allo stato in cui versa oggi la giustizia nel distretto e in modo particolare a Roma “ha reso un quadro che non si esita a definire drammatico”. Urgono “interventi radicali di riorganizzazione”. Il grido di allarme è del Procuratore Generale della Corte d’appello di Roma Giovanni Salvi secondo il quale la situazione della giustizia penale nel distretto “è inaccettabile”. “Interi settori della legalità quotidiana sono sommersi dalla prescrizione, così giungendosi alla vanificazione della sanzione penale e della sua stessa minaccia, proprio nelle aree di maggiore interesse per il cittadino. I dati forniti l’Anno passato – ha detto Salvi – sono in alcuni casi peggiorati, pur se si deve dare atto di un notevole aumento di produttività della Corte d’appello. Se nel 2014/2015 sono stati dichiarati estinti per prescrizione il 30’% dei procedimenti definiti dalla Corte d’appello, nell’annualità oggi in esame il dato si avvicina al 38%”. Per il Pg Salvi “il dato diviene drammatico se si fa riferimento ai reati a più breve termine di prescrizione”. Nel corso dell’inaugurazione a Roma, si è parlato anche di Giulio Regeni, per il quale, è stato detto, “non sono state accettate verità di comodo”.