Ha provato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – che ha chiuso ieri un ciclo di audizioni in Parlamento sulla legge di Bilancio terribile per il governo a causa della raffica di critiche che l’hanno fatta a pezzi – a difendere le misure della Manovra. Ma è stato praticamente impossibile. Ieri a scendere in campo, dopo sindacati e imprese, è stata l’artiglieria pesante: Istat, Banca d’Italia, Corte dei Conti, Ufficio parlamentare di Bilancio.
Da Bankitalia alla Corte dei Conti fino all’Upb tutti contro la rottamazione
Tra le misure finite nel tritacarne che Giorgetti ha provato a giustificare c’è stata la rottamazione voluta dalla Lega, partito cui appartiene il numero uno di via XX Settembre. Ad aprire il fuoco di fila la Banca d’Italia. “L’evasione fiscale danneggia la crescita e produce iniquità, sfavorendo le imprese e i cittadini onesti. La Manovra apre a una nuova ‘rottamazione’: uno strumento che in passato non ha accresciuto l’efficacia nel recupero di gettito”, ha detto il vice capo Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, Fabrizio Balassone.
La nuova definizione agevolata comporta “una perdita di gettito di 1,5 miliardi nel 2026 e 0,5 miliardi in media nei due anni successivi”, ha detto Balassone. “Secondo i dati forniti dall’Agenzia delle entrate, al marzo di quest’anno i pagamenti effettuati sono nell’ordine della metà di quanto sarebbe stato dovuto per le varie edizioni delle definizioni agevolate. Problemi di riscossione analoghi potrebbero manifestarsi anche con la procedura prevista dalla nuova definizione agevolata”, ha avvertito.
Gli ha dato manforte la Corte dei Conti. “La disciplina introdotta diverge parzialmente dai precedenti interventi normativi perché limita la possibilità di ricorrere alla definizione agevolata ai soli casi nei quali il contribuente ha omesso il versamento delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, comunque oggetto di dichiarazione, e agli accertamenti formali e cartolari sulle dichiarazioni” ma “se anche il perimetro è limitato” l’intervento “sconta, comunque, le criticità, più volte sottolineate dalla Corte, e, in particolare, la possibilità che la misura possa ridurre la compliance fiscale, il rischio che l’Erario possa diventare un ‘finanziatore’ dei contribuenti morosi, incentivando l’omesso versamento come forma di liquidità, l’incertezza sugli effetti sui saldi di finanza pubblica”, ha denunciato Mauro Orefice, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti.
Nel mirino anche la norma sugli affitti brevi
Sotto la lente dei magistrati contabili anche l’inasprimento fiscale sugli affitti brevi. “La differenza di regime fiscale potrebbe incidere negativamente incentivando il fenomeno delle locazioni brevi non dichiarate”, ha spiegato Orefice. La musica non è cambiata con l’Upb. “Sebbene la propensione a evadere stia diminuendo, il fenomeno dell’evasione è ancora molto ampio e il disegno di legge di bilancio interviene solo marginalmente sul fenomeno”, ha evidenziato la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari.
“La reiterazione di misure di definizione agevolata dei carichi pendenti ha contribuito a rendere l’assetto della riscossione coattiva sempre più variegato e complesso con dubbi esiti in termini di incassi. Non sembra, inoltre, che esse abbiano inciso in maniera significativa sulle inefficienze della riscossione coattiva. Vi è il rischio – ha avvertito l’Upb – che l’introduzione ripetuta di forme di definizione agevolata incida negativamente sulla tax compliance alimentando aspettative di future forme di agevolazioni e comportando, in prospettiva, una riduzione della riscossione ordinaria”.
Giorgetti promette: questa è l’ultima rottamazione
Ha provato ad arrampicarsi sugli specchi Giorgetti. Ha promesso che è l’ultima rottamazione, ma non ha escluso di estenderla come gli chiede la Lega: “Dipende dalla copertura”, ha spiegato. Il costo iniziale in termini di minori entrate verrà compensato, ha poi replicato a chi gli ha contestato che normalmente con i condoni avviene il contrario. Condoni di cui questo governo è buono intenditore, avendone fatto 20 nei primi due anni. Governo che, per bocca della sua premier Giorgia Meloni, ha parlato delle tasse come pizzo di Stato.
E questo a fronte di numeri record sull’evasione. Nel 2023 più del 10% del Prodotto interno lordo italiano è stato frutto dell’economia sommersa e illegale che sfugge al fisco e che ha ripreso a crescere. Come ha certificato l’Istat nel suo ultimo report di giorni fa. Il valore aggiunto di questa economia, “non osservata”, si è attestato a 217,5 miliardi di euro con un aumento di 15,1 miliardi (+ 7,5%) rispetto al 2022 (quando era 202,4 miliardi), cifra che ha portato la quota di Pil generato da attività sommerse o illegali da 10,1 al 10,2%. La parte più rilevante della fetta di valore aggiunto è generato dall’economia sommersa che da sola, nel 2023, ha prodotto valore aggiunto per 197,6 miliardi (pari a 9,2% sul Pil).