Da Orbán al decreto anti-Rave. Berlusconi in rotta su tutto

Il leader di FI Berlusconi si sente snobbato da FdI e prepara l'imboscata in Parlamento. Il premier Meloni rischia al Senato.

Sono lontani i tempi in cui Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, si facevano ritrarre insieme sorridenti e parlavano di una coalizione granitica in cui ogni cosa sarebbe stata concordata.

Berlusconi si sente snobbato da FdI e prepara l’imboscata in Parlamento. Il premier Meloni rischia al Senato

Un racconto che sembra avere ben poco a che fare con la realtà, emersa già subito dopo il trionfale voto del 25 settembre, fatta di distinguo, liti e delle immancabili fibrillazioni. Dalle trattative tra i tre leader per ottenere più poltrone possibili in fase di definizione della squadra di governo, si è passati alla battaglia – tutt’altro che conclusa – sui contenuti della manovra, per finire con le divergenze in politica internazionale e con quelle sul decreto Rave che ieri hanno fatto salire alle stelle la tensione all’interno della maggioranza.

Proprio la discussa norma, letteralmente uno dei primi provvedimenti presi dal Governo, è stata a lungo contestata dal Movimento 5 Stelle e dal Partito democratico che ne hanno sottolineato la genericità tanto che, secondo loro, avrebbe potuto inficiare sulla libertà stessa di manifestare. Parole a cui hanno subito risposto piccati, pur dicendo che la norma sarebbe stata perfezionata in Parlamento, sia Giorgia Meloni, la quale ha difeso il provvedimento dicendo che “lo Stato non si fa mettere i piedi in testa”, che Matteo Salvini, quest’ultimo affermando che “l’illegalità non sarà più tollerata”.

Ma da quel momento in poi del provvedimento si erano perse le tracce, almeno fino al momento in cui è approdato alla Commissione Giustizia del Senato guidata dalla leghista Giulia Bongiorno per l’analisi e per proporre eventuali piccole modifiche. Peccato che le cose non andranno così come si pensava visto che Forza Italia, con il Cavaliere ancora furente per il trattamento ricevuto durante la creazione della squadra di Governo, è sul piede di guerra.

A spiegarlo è Pierantonio Zanettin che in Commissione non le ha mandate a dire: “Occorrerà modificare la norma di cui al nuovo articolo 434-bis del codice penale per evitare di essere accusati dell’introduzione di norme liberticide, da Stato di polizia”. Parole pronunciate da un azzurro, quindi un esponente della maggioranza, che conosce bene la materia essendo un avvocato nonché un ex componente del Consiglio superiore della magistratura.

Non si tratta di una limatura perché per il forzista è necessario ridurre il perimetro dell’articolo in questione specificando che è riferito alle manifestazioni musicali, bisogna anche ridurre le pene massime e scorporarlo dai reati inseriti nel codice antimafia. Insomma per Zanettin il testo varato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è quasi del tutto da riscrivere. Parole che hanno creato fibrillazioni nella maggioranza con la Lega che apre a possibili cambiamenti ma cerca di mediare e Fratelli d’Italia che sbatte i pugni sul tavolo dicendo che saranno tollerate soltanto limature minori perché l’impianto generale va bene così com’è.

Questo scontro tra Fi, Lega e FdI, non è il primo e non sarà l’ultimo e ciò dimostra come la coalizione sia meno solida di quanto si pensi. Soltanto ventiquattr’ore prima, un’altra rogna aveva scatenato i mal di pancia tra i riottosi alleati. Questa volta il nodo a spaccare la coalizione è stato il voto al Parlamento europeo sulla risoluzione, approvata con 416 sì, in cui si chiede di resistere alle bizze dell’Ungheria di Viktor Orbán che spesso e volentieri blocca i provvedimenti europei facendo leva sul meccanismo dell’unanimità.

Ebbene se Forza Italia si è schierata tra i favorevoli, Lega e Fratelli d’Italia non hanno fatto altrettanto preferendo votare no in segno di solidarietà al loro alleato sovranista di Budapest. Ma gli azzurri in queste ore, ciò a riprova di quanto alta sia la tensione nel Centrodestra, stanno anche preparando le contromosse alla manovra presentata dalla Meloni con una sterminata lista di modifiche che verranno portate in Parlamento.

Il partito del Cavaliere chiederà di alzare le pensioni, di predisporre ulteriori decontribuzione per i giovani e di rinunciare a smantellare il Reddito di cittadinanza. Tutte ragioni che spazientiscono la Meloni che teme colpi di coda da parte di Berlusconi – pur sapendo di avere Antonio Tajani e mezza Fi dalla sua parte – e che, per questo, intende tutelarsi cercando la sponda di Carlo Calenda con cui si incontrerà lunedì.