Fuori un Fratello d’Italia dentro un altro. A sostituire Raffaele Fitto, che si trasferisce a Bruxelles per ricoprire il ruolo di commissario e vicepresidente esecutivo Ue, è Tommaso Foti.
Che ieri ha giurato al Quirinale prendendo in mano tutte le deleghe di Fitto: sarà lui il nuovo ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr.
A subentrare nella carica che era di Foti, ovvero capogruppo di FdI alla Camera, sarà invece Galeazzo Bignami, viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti.
Con questa mossa la premier Giorgia Meloni evita un rimpasto che avrebbe fatto impennare le tensioni interne tra i suoi alleati, vale a dire la Lega capitata dal vicepremier e ministro Matteo Salvini e Forza Italia guidata dall’altro vicepremier e ministro Antonio Tajani.
La competizione tra Lega e Forza Italia si consuma su più fronti
Le ultime elezioni in Umbria ed Emilia Romagna hanno sancito il sorpasso di Forza Italia sulla Lega. “Raddoppiamo i consensi rispetto alle scorse regionali. Confermiamo il trend delle europee, secondo partito del centrodestra e terza forza politica a livello nazionale”, è quanto si leggeva in un post pubblicato sul profilo X di Forza Italia, accompagnato dagli hashtag #Umbria ed #EmiliaRomagna del 18 novembre.
Il compiacimento velato degli azzurri, in quelle righe, era tutto per il sorpasso ai danni della Lega. Chiaro che Tajani ambisca ad avere un posto al sole in più nella compagine governativa.
La poltrona di Fitto avrebbe potuto essere l’occasione ideale, sebbene il leader degli azzurri abbia sempre negato di volervi ambire.
“Mai chiesto un posto nel governo, non abbiamo mai preteso di avere posti, le poltrone non sono una battaglia per noi prioritaria”, ha detto Tajani interpellato a margine dell’assemblea di Noi Moderati domenica scorsa a proposito della sostituzione di Fitto.
Tajani nega mire per nuove poltrone
Per quanto poi abbia tenuto a ricordare che il Ppe “è stato lo scudo che ha permesso a Raffaele Fitto di diventare vicepresidente esecutivo della Commissione e all’Unione europea di avere una maggioranza più ampia: infatti, una parte dei Conservatori ha votato per Ursula von der Leyen, che era la scelta giusta, quella per la stabilità”.
Rimarcando così le distanze dalla Lega che ha votato no all’Ursula bis, Fitto compreso. Ma i terreni di scontro, oltre all’Europa, tra Lega e Forza Italia sono tanti: dal canone Rai alla cittadinanza, dall’Autonomia alle banche, dai conflitti in corso in Ucraina e in Medioriente alla giustizia con la norma sulle detenute madri.
Sebbene Meloni abbia, sempre domenica, rilanciato il valore dell’unità del centrodestra, cercando di archiviare una volta per tutte le frizioni arrivate a livelli di guardia negli ultimi giorni nella maggioranza.
Anime e identità sono “diverse” ma la forza del centrodestra è la “coesione”, ha detto la premier. E lo diceva negli stessi momenti in cui Salvini e Tajani continuavano a punzecchiarsi.
Tra Salvini e Tajani punzecchiature continue
Tajani – unico presente alla kermesse di Noi Moderati – dal palco ha sostenuto la necessità di dotarsi al più presto di una difesa comune europea: “Non possiamo aspettare sempre gli americani”, ha detto il ministro degli Esteri.
E Salvini, che ha parlato dopo di lui per un problema del videocollegamento, ci ha tenuto proprio a specificare che bisogna andarci “cauti”, ribadendo la speranza che l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca porti “la pace”.
Sull’autonomia il leader della Lega ha ricordato che “Sturzo”, citato poco prima da Tajani, “si definiva un federalista impenitente”.
Con conseguente reazione gelida dell’altro vicepremier (“Se anche lui si riconosce in Sturzo io sono contento”).
E il prossimo anno saranno dolori con le Regioni chiamate al voto: Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. La battaglia tra FdI, Lega e FI per piazzare i propri uomini come candidati è già iniziata.