Dai carburanti alle riforme, destre divise su tutto. Gli alleati in pressing su Palazzo Chigi: paletti su Mes e nomine

Dai carburanti alle riforme, destre divise su tutto. Gli alleati in pressing su Palazzo Chigi: paletti su Mes e nomine

Dai carburanti alle riforme, destre divise su tutto. Gli alleati in pressing su Palazzo Chigi: paletti su Mes e nomine

Alle telecamere di Rai e Mediaset la premier Giorgia Meloni ha giurato e spergiurato che non c’è alcuna crepa nella maggioranza e che l’esecutivo procede spedito verso i suoi obiettivi.

“Quando i Governi non riescono a operare vuol dire che hanno problemi di maggioranza. A me pare che questo governo proceda molto velocemente. Quindi direi che, di al di là dei racconti fantasiosi che sento fare, ci sia grande coesione”. Ma non sono frutto di fantasia il fastidio che gli alleati di Meloni manifestano in relazione al decisionismo spinto della premier che, spesso e volentieri, trova sponde nel ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il quale ha improntato, con la benedizione di Giorgia, una Manovra all’insegna dell’Austerity scontentando il suo stesso partito (la Lega) e Forza Italia. Ma le crepe in maggioranza non si contano.

Dal dossier carburanti al gran ballo delle nomine, dal Mes alle riforme. Sui carburanti è stato proprio il pressing di Lega e Forza Italia a riportare la premier a più miti consigli con la decisione di modificare il testo del decreto approvato il 10 gennaio introducendo la norma che stabilisce che le accise verranno tagliate in relazione all’incremento verificato dei prezzi dei carburanti e in presenza di maggiori entrate Iva. Che il decreto in questione, approvato in fretta e furia, non andasse bene lo avevano fatto capire tanto Silvio Berlusconi quanto Matteo Salvini.

Il primo con il responsabile energia di Forza Italia, Luca Squeri, aveva definito “populiste” le misure varate da Palazzo Chigi, il secondo non ha speso una parola nel momento di maggiore difficoltà della premier assediata dalle proteste dei benzinai e degli automobilisti. Sulle nomine poi c’è l’ala che spinge per il ricambio complessivo ma c’è anche chi esprime più cautela anche perché non è semplice, uno dei ragionamenti, trovare i nomi giusti con cui eventualmente sostituire ruoli strategici.

Mentre è ancora tutto da trovare l’accordo per l’elezione dei componenti laici del Csm. Altro dossier che scotta è il Mes. La premier ha chiesto correttivi, l’Europa ha risposto picche: non se ne parla prima della ratifica. Forza Italia è per la ratifica, la Lega no come in teoria è per il no anche la Meloni. Ma FdI ha fatto capire nei giorni scorsi che il Parlamento dovrà dare il via ibera. “Meloni ha detto in sostanza che non vede alternative al voto italiano sul Mes, e che però intende ridiscuterne la funzione. Sono totalmente d’accordo con lei”, ha dichiarato in una intervista al Sole 24 Ore Giulio Tremonti.

Le crepe diventano crepacci sulle riforme. La Meloni fa muro sul testo del ministro Roberto Calderoli sull’Autonomia differenziata. E vorrebbe legare la riforma leghista a quella sul presidenzialismo. Il ministro, che ha presentato alla premier una proposta ad hoc, sembra blindarla velatamente, perché “rincorrere l’una riforma per l’altra veramente mi sembra sconclusionato e privo di senso”, dice con tono piccato. Insomma fibrillazioni indesiderate su cui Meloni farà il punto con i vertici del suo partito lunedì. Altro che coesione.