Lo scorso weekend ha tenuto banco il caso dell’emendamento alla Manovra, presentato da FdI, che avrebbe obbligato i lavoratori dei trasporti a comunicare – per iscritto, in forma irrevocabile e con una settimana di anticipo – l’adesione a uno sciopero. Una proposta senza precedenti, poi ritirata dopo la levata di scudi di sindacati e opposizioni con la promessa, però, di presentare un ddl. Non è la prima volta che la maggioranza getta il sasso e poi ritira la mano.
Si tratta di un modus operandi ormai rodato, che nasconde una duplice finalità. La prima: inviare un avvertimento agli interessati, in tal caso le sigle sindacali colpevoli, a detta di FdI-Lega-FI, di abusare dello strumento dello sciopero; la seconda, più comunicativa che politica: spostare l’attenzione mediatica dalle frizioni che agitano la stessa maggioranza, vedasi i mugugni leghisti sulla prosecuzione del sostegno militare all’Ucraina. Fatte queste premesse, è innegabile che i diritti dei lavoratori siano accettati con un certo fastidio dalla destra del “non disturbare chi vuole fare”. Non a caso, secondo il ‘Global Rights Index 2025’ dell’Ilo, l’Italia ha registrato un peggioramento di tali diritti, con conseguente passaggio dell’indice da 1 del 2024 all’attuale 2.
Celandosi dietro alla coperta di Linus rappresentata dal sedicente boom occupazionale, da inizio legislatura se ne sono viste e sentite di tutti i colori. Dalla stretta sulla Naspi inserita nella legge di Bilancio 2025 al fine di combattere i “furbetti”, che però, secondo gli esperti, finirà col penalizzare tutti i lavoratori, fino allo “scudo penale” piazzato nel ddl Pmi che – di fatto – legalizza lo sfruttamento nella moda proprio mentre si susseguono le inchieste sui marchi del lusso. Passando per la previsione del decreto Sicurezza che trasforma i blocchi stradali da illecito amministrativo a reato (prime vittime i metalmeccanici che il 20 giugno hanno sfilato a Bologna) e, infine, per l’emendamento con cui a luglio FdI avrebbe voluto modificare le norme su prescrizione e decadenza dei crediti di lavoro.
Tornando all’inizio del discorso, a sentire l’Autorità dei Trasporti per i viaggiatori che si trovano a fare i conti con sofferenze e disagi il vero problema è rappresentato dalle 10mila interruzioni che ogni anno si verificavano sulla rete ferroviaria: 27 stop al giorno che hanno spinto l’authority a chiedere a Ferrovie “un significativo cambio di rotta gestionale e industriale”. Hai voglia a dare la colpa ai lavoratori che incrociano le braccia per una manciata di ore o ai chiodi…