Sulla Manovra approdata in Senato continuano ad abbattersi le voci critiche di industriali, associazioni d’impresa e sindacati, per “migliorarla” o per “cambiarla” del tutto. “Senza crescita non potremo garantire i livelli di welfare attuali”, ha avvertito Confindustria. “Non dobbiamo, né possiamo, rassegnarci alla sindrome dello ‘zerovirgola’”, ha detto il direttore generale Maurizio Tarquini.
Di fronte ad “una Manovra a saldo zero”, Confindustria sottolinea “due vere urgenze complementari”: la rimodulazione del Pnrr come “occasione per assicurare quel sostegno alle imprese di almeno otto miliardi l’anno, per un triennio” e “ridurre il prezzo dell’energia”. Terzo punto: fare “le riforme a costo zero”. Confindustria rileva, poi, “misure fiscali penalizzanti e incerte”. Si tratta di interventi, argomenta, che minano l’affidamento dei contribuenti, la certezza del diritto e l’impatto positivo delle misure a sostegno degli investimenti.
Confcommercio e Confesercenti: la Manovra non incide sui consumi
Consumi deboli e bassa fiducia di cittadini e imprese sono il cruccio di Confcommercio che chiede “più risorse e misure più adeguate per sostenere competitività e crescita”. Non cambia la musica con Confesercenti che punta il dito sull’impatto minimo sui consumi che avranno le misure fiscali del governo. Sui consumi e sulla crescita, ovviamente. “La Manovra mantiene la barra dritta sulla sostenibilità dei conti pubblici perseguendo con coerenza gli obiettivi di riduzione del deficit e del debito, ma appare incerta nella allocazione delle risorse destinate alla crescita e al sostegno degli investimenti, che sembra tener poco conto della realtà del tessuto produttivo che è composto prevalentemente da micro e piccole imprese”, hanno insistito gli artigiani di Cna, Confartigianato e Casartigiani.
Dagli artigiani agli agricoltori la musica non cambia
“Una Manovra così è una batosta per l’agricoltura, vanificando il credito d’imposta per il settore. Non c’è niente nella legge di Bilancio 2026 che aiuti davvero il comparto, a cominciare dall’art. 26 che impedisce la compensazione dei crediti di imposta con i contributi previdenziali e assistenziali, di fatto principale occasione di recupero per le imprese agricole”, ha avvertito la Cia- Agricoltori Italiani. Forte preoccupazione per l’assenza nella Manovra di misure relative al caro materiali: è quanto ha espresso l’Ance.
Sulle barricate la Cgil
In trincea i sindacati. La Manovra “va cambiata” perché “è palesemente inadeguata, ingiusta e controproducente”, ha detto la Cgil. Che chiede di rilanciare la domanda interna, aumentando salari e pensioni, fare una politica industriale che sostenga la transizione tecnologica, energetica ed ecologica del nostro sistema produttivo, rilanciare il Mezzogiorno e rafforzare il welfare. A pagare il prezzo dei conti in ordine sono lavoratori e pensionati.
Secondo la Cgil la riduzione della seconda aliquota dell’Irpef prevista dalla Manovra porterà vantaggi – sopra i 28.000 euro di reddito – tra 0 e 440 euro (tra un caffè al mese e uno al giorno); la detassazione al 5% degli incrementi contrattuali – per i lavoratori fino a 28.000 euro – garantirà un beneficio medio di 126 euro, e solo per il prossimo anno. La Cgil segnala inoltre il “definanziamento” della spesa per la sanità la cui spesa passerà da un rapporto sul pil del 6,15% il prossimo anno al 5,93% nel 2028.
Notevoli criticità, nei capitoli relativi a fisco, pensioni e sanità, esistono anche per la Uil. “Più armi e meno redistribuzione è la cifra politica complessiva della Manovra” contro la quale Usb conferma lo sciopero generale del 28 novembre e la manifestazione nazionale del giorno dopo.
Intanto il Servizio bilancio del Senato chiede maggiori informazioni al governo sugli effetti dell’Irpef, sugli affitti brevi e anche sul Fondo per i contenziosi.