Continua l’ambiguità e l’ambivalenza della Lega sul riarmo e sul (finto) pacifismo. Un giorno dice una cosa e l’altro giorno l’opposto. Prima benedice il raggiungimento del target Nato del 5% del Pil per le spese militari poi ingaggia un braccio di ferro a distanza con il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che un giorno sì e l’altro pure rinnova la chiamata alle armi, e ribadisce che la priorità del Carroccio non sono missili e carri armati. Così è stato ieri a conclusione del Consiglio federale.
Solita fuffa sul no alle armi…
“Le maggiori spese per la Difesa dovranno essere usate per la sicurezza interna. Obiettivo: presidiare e controllare treni, stazioni, mezzi pubblici, scuole e strade, non per inviare soldati italiani o per comprare armi e mezzi da usare all’estero. È la posizione della Lega, ribadita durante il Consiglio federale presieduto da Matteo Salvini”, recita una nota del partito mentre la riunione era ancora in corso.
Manovra e Pontida erano il menu del Consiglio federale. Collegato anche il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Ebbene come poco credibile è la Lega sulle spese per il riarmo, così è poco convincente sul contributo che puntualmente torna a chiedere alle banche.
…e sul contributo chiesto alle banche
Nell’agosto del 2023, Salvini, a sorpresa, annunciava che il Consiglio dei ministri aveva approvato un “prelievo sugli extraprofitti delle banche”, definendolo una “misura di equità sociale”, limitata solo al 2023. Tutti gli introiti sarebbero andati, prometteva il vicepremier, in “aiuto per i mutui delle prime case, sottoscritti in tempi diversi rispetto agli attuali, e il taglio delle tasse”.
Il leader della Lega indicava poi che lo Stato avrebbe incassato “alcuni miliardi” (le stime si aggiravano intorno ai 2,5). Poi sappiamo com’è andata. Il governo, di fronte alle proteste degli istituti di credito, ha fatto una penosa marcia indietro.
Ora Salvini, irritando gli alleati di Forza Italia, rilancia. Salvini ha ribadito la necessità della pace fiscale e di “un contributo a chi ha maturato extra profitti, così da coprire alcuni interventi a sostegno di famiglie e imprese previsti in manovra. Il riferimento riguarda in particolare le banche”, recita un’altra nota diramata alla fine del Consiglio federale dal partito. Ma appunto non si sa fino a che punto dargli credito.
Salvini se la prende pure col Fmi per la flat tax
Sempre in tema di Manovra, in mattinata, Salvini era tornato a rilanciare la flat tax, scagliandosi contro il Fondo monetario internazionale, che sollecita l’Italia a procedere ad un “consolidamento fiscale più ampio del previsto”, suggerendo tra l’altro di eliminare la flat tax agli autonomi.
“Fa bene Giorgetti a essere prudente, fa meno bene il Fondo a invitare a cancellare la flat al 15% per i lavoratori autonomi”, avverte Salvini, che annuncia: “Anzi noi la vogliamo estendere, l’ultima cosa intelligente da fare è cancellare l’aliquota al 15%”. Il tema è particolarmente caro alla Lega che punta ad alzare ulteriormente il tetto del regime agevolato, già innalzato nel 2023 da 65mila a 85mila euro: l’obiettivo di via Bellerio è arrivare a 100mila.
Al Mef si ragiona anche sulla possibilità di estendere la tassa piatta ai lavoratori dipendenti, come spiegato nei giorni scorsi da Giorgetti.
Sul Veneto non molla e lancia la candidatura di Stefani
Infine il capitolo Regionali. Salvini promette che si chiude dopo il raduno leghista di Pontida previsto nel fine settimana e sul Veneto non molla di un centimetro: “Riteniamo di avere persone assolutamente di spessore da offrire alla coalizione, che siano politici. Lì abbiamo una ottima classe dirigente, come hanno anche gli altri, ma diciamo che in Veneto ci teniamo particolarmente”, ha detto Salvini, che poco prima aveva candidato apertamente Alberto Stefani.
Alla domanda se possa prendere in considerazione l’ipotesi di un candidato civico per la presidenza della Campania e della Puglia, il vicepremier ha risposto: “Perché no? A me basta che sia in gamba, vale in Campania e vale in Puglia”. Tanto a lui interessa solo il Veneto. E la Lombardia. Che però, se FdI cedesse il Veneto alla Lega, è già opzionata dal partito di Giorgia Meloni.