Dal salva Lega alle quote rosa

di Sergio Castelli

Il percorso di Italicum rischia di arenarsi tra i banchi del Parlamento. Non solo le pressioni per introdurre le preferenze. Ma anche il dibattito sulle quote rosa e sulla ripartizione dei collegi minano la nuova legge elettorale. Senza dimenticare la frangia dei piccoli partitini che ha intenzione di combattere fino alla fine la battaglia sulle soglie di sbarramento. Troppo alte, a parer loro, tanto che la loro sopravvivenza sarebbe seriamente messa in discussione dalla bozza approvata nella direzione del Partito democratico e concordata dal segretario Matteo Renzi con il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Il percorso, già pieno di ostacoli, è partito al rallenty con la Lega Nord che in tutti i modi ha provato a mettere pressione affinché venisse adottato uno sbarramento su base locale. Un nodo per aggirare la quota di sbarramento a livello nazionale e riuscire a entrare comunque in Parlamento. Alla fine, però, la misura è saltata e il testo è stato sottoscritto anche da Alfano e dai suoi. La battaglia e le trattativa continuano senza sosta. Ancora nel mirino dei piccoli partiti il premio di maggioranza al 35%, in molti chiedono scatti soltanto al 40%, e la soglia di sbarramenritenuta ancora troppo alta dai più piccoli. C’è chi la vorrebbe massimo al 4%. Ma alla fine il testo è arrivato in commissione con la firma di Pd, Fi e Ncd. “Il testo è chiuso”, fanno sapere in serata i vertici del Pd. E c’è anche lo stop alle candidature multiple e l’obbligo del 50% di donne in lista.

Salta il Salva Lega
Resta il giallo intorno a un piccolo cavillo che avrebbe giocato a favore della Lega. Definito il “Salva Lega”, prima dato per certo e poi scomparso a causa di un pomeriggio infuocato di polemiche. La norma, riprendendo un comma del Porcellum per aggirare il quorum, avrebbe consentito di aggirare la soglia di sbarramento, con il computo della percentuali che si sarebbe dovuto calcolare in base ai voti in tre regioni. Questo disegno avrebbe consentito di accedere in Parlamento anche non avendo superato la quota prevista a livello nazionale.
Una norma ad hoc, che avrebbe rappresentato un ottimo salvagente per un partito regionale come quello del Carroccio. Norma che però non avrebbe tutelato minimamente gli altri piccoli partiti a rischio. Non si ferma l’onda di protesta del Carroccio con Umberto Bossi che è tornato a minacciare: “Se ci cacciano dal Parlamento, la Lega è pronta a fare una battaglia di liberazione. Lo sbarramento va fatto su base territoriale”.
Ma il nodo ‘salva Lega’ è solo uno dei tanti punti che potrebbero rallentare l’iter della riforma elettorale.

I dubbi
Tra i pro preferenze scendono in campo anche i vari ministri. Oltre a Gaetano Quagliariello del Ncd, il dibattito è stato arricchito anche dall’intervento del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri: “Quello che conta è che il cittadino possa esprimere una volontà, una scelta, poi il modo in cui si fa lasciamolo alla politica”. E favorevoli alle modifiche in tal senso sono anche i colleghi Gian Piero D’Alia e Mario Mauro. Convinto che in Parlamento si possa intervenire anche Pier Ferdinando Casini: “Il Parlamento non è un passacarte, credo possa aprirsi un sereno dibattito anche con Renzi e Berlusconi”.
Contrario al testo così com’è il leader di Sel Nichi Vendola. Anche Massimo D’Alema ha sottolineato la necessità di fare degli approfondimenti. Chi invece difende la proposta di riforma della legge elettorale è il vice presidente della Camera Roberto Giachetti che ha digiunato quasi 200 giorni affinché si arrivasse a modificare il Porcellum: “Qualunque critica è legittima ma non si può dire che questo impianto sia un Porcellinum e che non sia cambiato nulla”, spiega sul suo blog, “la strada scelta supera i rilievi di costituzionalità della Corte. Alcune soluzioni le avrei preferite, ma sappiamo tutti che se in questo Paese non cambia nulla da vent’anni e perché si è sempre preferito nascondersi criticando qualunque cosa si faccia”.