Dal Tribunale dei ministri una decisione senza precedenti sul caso Salvini. Negate le prerogative del Viminale. Ecco dove il provvedimento è debole

L'indagine a carico del ministro Salvini per i fatti della nave Diciotti

Con le richieste di archiviazione depositate dalle Procure di Catania e Palermo sembrava che la vicenda, ormai nota a tutti, dell’indagine a carico del ministro dell’Interno Matteo Salvini per i fatti della nave Diciotti, fosse finalmente giunta al suo epilogo. Così non è stato. È di ieri, infatti, la notizia secondo cui il Tribunale dei Ministri, respinta la richiesta di archiviazione delle due Procure, sarebbe intenzionato a richiedere al Senato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini.

La scelta del Tribunale dei Ministri giunge con lo stesso fragore di un fulmine a ciel sereno ed è inaspettata quanto insolita, soprattutto se si tengono a mente le parole del Procuratore Zuccaro, il quale sul tema negli scorsi mesi aveva ribadito che le scelte del vice premier Salvini fossero riconducibili esclusivamente ad una sfera politica e per questo non sindacabile dal giudice penale. Nemmeno questo, come detto, è stato sufficiente a far desistere il Tribunale dei Ministri.

Ora, dunque, tocca al Senato decidere se porre la parola fine su una vicenda che fin dall’inizio di giuridico aveva ben poco. E, infatti, opportuno ricordare ancora una volta come sia una necessaria e fondamentale prerogativa del Ministro degli interni quella di poter negare uno sbarco sul territorio nazionale se questo può comportare la realizzazione di attività ritenute offensive. Tralasciando, poi, le considerazioni in ordine alla volontà del Ministro Salvini di eliminare il filtro parlamentare e rendersi, dunque, disponibile al processo, è opportuno in questa sede affrontare i risvolti tecnici della vicenda, così come sviluppata, soffermandoci in particolar modo sulla singolarità – a livello tecnico e procedurale – di procedere in presenza di due richieste di archiviazione.

Preliminarmente, è necessario chiarire se sia possibile o meno, per il Tribunale dei Ministri, discostarsi dalle scelte della Procura procedente nella fase delle indagini. Nel caso dei cosiddetti reati ministeriali la competenza a decidere se archiviare o richiedere l’autorizzazione alla camera di appartenenza spetta al Tribunale dei Ministri, sentito il parere dei Procuratori. Conseguentemente, l’ultima decisione è del Tribunale. Tuttavia, tenendo a mente le regole procedurali penali ordinarie, occorre osservare, come in genere, a seguito di una richiesta di archiviazione il Giudice competente, se ritiene di non dar seguito alla richiesta stessa, non dispone ex officio l’archiviazione ma procede ad indicare quali nuove indagini e mezzi istruttori debbano essere esperiti a fondamento della notizia di reato.

La non adesione alla richiesta di archiviazione depositata dalla Procura deve essere, dunque, in qualche modo motivata. Nel caso di specie, invece è necessario osservare come sia davvero inusuale e poco aderente alle regole tecniche – procedurali, che il Tribunale dei Ministri respinga immotivatamente ben due richieste di archiviazione, non dando seguito ai pareri e alle – pesanti – dichiarazioni dei Procuratori e prosegua, dunque, l’iter giudiziario trasmettendo gli atti per la consueta richiesta a procedere. Concludendo, ancora una volta preme ribadire come la vicenda Diciotti non possa essere oggetto di discussioni all’interno delle aule giudiziarie, ma, al più, debba essere discussa nelle aule del Parlamento.

Intervento di Alessandro Parrotta (Avvocato a Torino) e Ranieri Razzante (Direttore del Crst)