Dal voto amministrativo primo test del governo Letta

di Vittorio Pezzuto

Avanza nel Paese un esercito vorace pronto a espugnare 568 città e 16 province. Scadono infatti oggi a mezzogiorno i termini per la presentazione delle liste delle migliaia di candidati che il 26 e 27 maggio si contenderanno nell’urna il governo di importanti amministrazioni locali. Un partita strategica per il mantenimento o la conquista degli assottigliati forzieri del denaro pubblico locale e che non di rado si rivelerà esiziale per la stessa sopravvivenza economica di quanti, e sono moltissimi, si sono abituati a campare esclusivamente di politica.
Solo le cronache giudiziarie dei prossimi mesi ci diranno se nei faldoni che stanno per essere consegnati si nascondo firme fasulle, raccolte telefonicamente oppure addirittura all’insaputa degli interessati. Una pratica purtroppo ancora tanto diffusa quanto trasversale e che spesso si affianca al ‘trucco’ di spillare all’ultimo minuto una nuova lista di candidati, difforme da quella su cui sono state raccolte le sottoscrizioni.
Non si tratta di dettagli procedurali ma al contrario di comportamenti rivelatori di una disinvoltura censurabile: che fiducia si può infatti avere in quanti promettono ogni volta buongoverno e intanto non si curano di rispettare le leggi?

Zuffe tra alleati
Quella che si apre formalmente oggi è però innanzitutto una partita fondamentale per misurare le oscillazioni del consenso elettorale a seguito del prevedibile varo del governo Letta, esperimento forzato di larghe intese commissionato direttamente dal presidente Giorgio Napolitano. Non è quindi difficile immaginare come la nuova cartina politica che si andrà a disegnare nella penisola potrà essere, a seconda del suo esito, la buccia di banana che farà precipitare le ambizioni di Enrico Letta oppure il propellente fondamentale per la tenuta del suo governo. Quanto alle coalizioni fra loro contrapposte, il rischio è quello della maionese impazzita.
La fiducia data o negata in Parlamento avrà infatti diviso gli alleati interni a ciascuna delle due principali coalizioni: leghisti aventiniani contro pdiellini inciucisti, esponenti di Sel pronti alla zuffa contro i candidati del rottamando Partito democratico. Tanto che nella giornata dei risultati elettorali ciascun partito sarà soprattutto tentato di trattare la nuova mappa del consenso al pari di tante macchie del test Roscharch, quei disegni volutamente ambigui che gli psicologi chiedono al proprio paziente di interpretare liberamente sulla base dei propri umori e delle proprie fantasie. Ognuno vorrà insomma vederci quello che più gli aggrada, e intanto far finta di non accorgersi che l’area della disaffezione al voto sarà ulteriormente cresciuta.

Grillini e nebulosa centrista
Paradossalmente, a far crescere l’astensione potrebbe essere lo stesso Movimento 5 Stelle. Questi primi due mesi di legislatura ci hanno infatti regalato una sola certezza: Grillo e i grillini saltano solo a sinistra. Difficile quindi che i paladini internettiani dell’anticasta riescano ancora a intercettare il malcontento dell’elettorato di centrodestra. Lo dimostra il recente flop alle elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia, determinato anche dalla poca o nulla notorietà dei loro candidati così come dalla comprensibile delusione di tanti tifosi che vedono la loro squadra ancora ferma negli spogliatoi, riottosa a misurarsi sul campo e indifferente agli stessi richiami dell’arbitro. Il voto al Movimento non sarà nemmeno aiutato dall’incerta performance del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che sta comprendendo a sue spese quanto sia robusta la distanza che separa la poesia della campagna elettorale dalla ruvida prosa dell’attività di governo.
Quanto alla nebulosa centrista, ormai quasi irrilevante a livello nazionale, è probabile che la prova del voto locale ne certifichi l’evaporazione definitiva. Prive del pallido appeal politico e personale di Mario Monti e poco organizzate in periferia, le truppe di Scelta Civica potranno infatti contare solo sul collaudato ma declinante pacchetto di voti dei seguaci di Pieferdinando Casini: davvero troppo poco per indulgere all’ottimismo.

Il prezzo dell’inciucio
Restano intatti gli interrogativi sulla tenuta dei due maggiori partiti nazionali. E’ vero che in queste ore gli inaffidabili sondaggisti registrano concordi una crescita sensibile del Pdl e un crollo di consensi per il partito che fu di Pier Luigi Bersani. Ma è prevedibile che gli alleati nel governo nazionale pagheranno un qualche prezzo all’altare dell’inciucio, regalando voti ai loro riottosi alleati (Sel da un lato, la Lega Nord dall’altro). Soprattutto se non saranno stati in grado di offrire candidature credibili e capaci di segnare un nitido tratto di discontinuità.
Due città al voto andranno infine osservate da vicino: Imperia dovrà decidere se confermarsi o meno inattaccabile feudo del centrodestra proprio mentre il suo ex grande notabile Claudio Scajola vive il suo declino politico e prova a difendersi dalle inchieste giudiziarie; Siena dovrà invece capire se ha voglia di emanciparsi finalmente dalla dittatura democratica ed economica del Pd e del Monte dei Paschi, ben sapendo che per anni alla sua mangiatoia si sono nutriti senza sosta un po’ tutti quanti. Per gli elettori sarà piuttosto difficile trovare un’alternativa al monocolore indistinto e famelico che da sempre governa la loro città.