Dalle fallimentari politiche del rigore alla gestione dell’immigrazione. Compleanno amaro per l’Europa

Dalle fallimentari politiche del rigore alla gestione dell'immigrazione. Compleanno amaro per l'Europa

Ventotto capi di Stato festeggiano la loro Europa mentre milioni di persone nel continente cadono sotto la soglia di povertà. A sessant’anni dai Trattati di Roma i conti con l’Unione non tornano. Molte le sconfitte delle élites che ci hanno governato, dalla gestione dei conti pubblici all’immigrazione, passando per la più grande delusione: la poca partecipazione dei cittadini a un disegno comune. Oggi l’unico sentore che la stragrande maggioranza degli europei ha dell’esistenza dell’Unione è un manuale di istruzioni su come si deve produrre il vino, come si scrive l’etichetta di un prodotto o quali standard vanno rispettati per la loro commercializzarne. La discrepanza tra l’Europa percepita oggi e quella immaginata 60 anni fa è abissale. Nel 1957 il continente sentiva forte l’esigenza, dopo due guerre dilanianti, di non soccombere più sotto le armi. Visionari come Schuman e Adenauer avevano compreso il dramma etico e sociale dei conflitti, scansati dai progetti di mercato e moneta comune.

Nuovi conflitti – Ma i conflitti armati si sono trasformati fin dal 1971 in squilibri sociali (e tra Paesi). Il Presidente americano Nixon pose fine agli accordi di Bretton Woods (1944), che regolavano l’ordine valutario mondiale imperniandolo sul dollaro e sulla sua convertibilità in oro. I successivi tentativi di concatenazione tra le valute dei Paesi europei (il serpente monetario, lo Sme e infine l’euro), tra errori tecnici, rigidità ideologiche e conflitti nazionali hanno causato divisioni laceranti. Quando non si può svalutare la moneta si svaluta il lavoro per salvare l’export. Camp David, Basilea (1988) e Maastricht (1992) hanno creato un’unione economica che non è mai andata di pari passo con una forte identità politica che potesse far sentire i cittadini europei prima che francesi, italiani, inglesi o di altre nazionalità. Il sogno dell’Europa illuminata si è trasformato nella concezione diffusa (non a caso un quarto dei parlamentari a Bruxelles sono euroscettici) di un’unione di burocrati e banchieri. Si è trasformato in diecimila dipendenti della Commissioni che guadagnano più di 80mila euro all’anno.

Fallimento – Il sogno europeo ha assunto le sembianze di 5 presidenti consecutivi incapaci di promuovere una Costituzione Ue, rifiutata da troppi dei 28 Paesi costituenti. La visione politica è stata compromessa il giorno stesso in cui si è stabilito che le decisioni a Bruxelles si prendono a maggioranza qualificata, in base al numero di abitanti dei Paesi, senza considerare i contributi gli stessi danno all’Ue. Da Maastricht a Lisbona si è parlato solo di soldi, moneta e affari di mercato e la storia millenaria dei popoli è sempre contata molto meno rispetto al loro Prodotto interno lordo o debito pubblico. Sessant’anni fa Jean Monnet non avrebbe mia permesso all’Europa di causare il proprio fallimento, di diventare più importante del benessere dei suoi cittadini, di affossare la democrazia in nome di una sovranità mai esercitata. L’ideatore dell’Unione amava citare il padre, produttore di brandy, che diceva che in tema di liquori “ogni nuova idea è una cattiva idea”. Ma oggi la citazione è più che mai vera se si pensa all’ispirazione originale dell’Europa Unita. le dodici stella sulla bandiera blu avrebbero dovuto rappresentare perfezione e unità. Oggi sono associate invece a conflitto e austerità. Per ridare digntà a un simbolo nato per condividere, bisogna iniziare a dare dignità ai cittadini che in quelle stelle hanno creduto e che vogliono tornare a sperare.