Decenni di Leggi di Stabilità piene di regali inutili e misure spot. Così l’Italia è rimasta al palo

Pure quest’anno il Documento di economia e finanza porta con sé un cospicuo carico di misure spot che non incidono sulla crescita. Come negli anni passati.

Siamo alle solite con la Legge di Stabilità. Anche quest’anno il Documento di economia e finanza per il 2017, al netto dell’amara presa d’atto della frenata per il 2016, porta con sé un cospicuo carico di belle speranze. Tante promesse in una ripresa che, poi, il Paese difficilmente vedrà. Anzi, se vogliamo, la dose di ottimismo aumenta progressivamente di Def in Def.

LE STIME – Il Governo stima una crescita nel 2017 del 1%. Si tratta di 0,4 punti percentuali di scostamento sul Pil tendenziale che nei calcoli del duo Renzi-Padoan arriverebbero da un incremento degli investimenti (solo nel campo delle costruzioni il balzo ipotizzato é dal 1,5 al 3,2%, mentre per i macchinari dal 1,9 al 3,2%). Proprio gli investimenti, quelli strutturali, sono stati, in realtà, i grandi assenti nella manovra dello scorso anno.

LA VIA COMODA – La comodità di investire in misure spot, infatti, per passare magari subito all’incasso in termini di consenso, rimangono la via prediletta dagli esecutivi italiani. E quello del sedicente rottamatore fiorentino non è stato da meno.

La bilancia dunque pende inevitabilmente a favore di interventi pensati solo per farsi propaganda e che, alla fine dei conti, non incidono sulle sorti dell’Italia. A cominciare dai 90 milioni appena per il Dopo di noi (il provvedimento che introduce il sostegno e l’assistenza alle persone con gravi disabilità) e fino ai 600 milioni scarsi per il contrasto alla povertà. Ma l’elenco delle misure a impatto quasi zero sulla ripresa italiana è lungo. In cima alla lista si collocano gli sgravi contributivi del Jobs act sui contratti a tutele crescenti per il triennio 2015-2017 (in versione piena fino a 8.060 l’anno in busta paga) e poi in versione ridotta 2016-2017 (fino a 3.250 euro l’anno in busta paga).

I MAGRI BOTTINI – D’altronde, il magro bottino di neanche 600 mila posti di lavoro, dopati dalle trasformazioni di contratti in essere e, ancora di più, dalla sempre più dilagante ‘moda’ dei voucher, parla da sé. Neppure il bonus cultura per i diciottenni (da poco tradotto a livello normativo), però, si può ascrivere nell’alveo delle misure strutturali: parliamo di un contentino di poco meno di 300 milioni. E che dire della una tantum del rimborso parziale ai risparmiatori colpiti dal crack banche? Circa 100-130 milioni che di certo non serviranno a ristabilire un rapporto fiduciario tra cittadini e istituti di credito. Di investimenti nel pubblico, nella ricerca e nell’innovazione, vero lievito per il Pil, non c’è traccia.

Eppure nella Legge di stabilità dello scorso anno sarebbe bastato guadare anche solo alla conformazione geologica del Paese per centrare due obiettivi in uno: posti di lavoro e sicurezza. E, invece, hanno trovato posto solo 50 milioni per il dissesto idrogeologico, attraverso il Cipe.

SPERIAMO IN BRUXELLES – Per quest’anno il Governo già sta chiedendo all’Unione europea di poter scorporare dal Patto di stabilità circa 6 miliardi ad uso, appunto, del piano Casa Italia e delle emergenze sismica e migranti. Nulla più di una mancetta da poco oltre un miliardo l’anno sembra toccare, invece, ai poveri (il provvedimento è in discussione ora al Senato). Una misura che copre appena i bisogni di 250mila famiglie. Neppure quelle a reddito Irpef zero. Ma c’è da scommettere che neanche nella nuova manovra troverà posto un intervento più corposo. Questo sì in grado di tradursi subito in maggiori consumi e, quindi, in una crescita della domanda. No, noi siamo già proiettati sulla grande infrastruttura del Ponte sullo Stretto di Messina. Il Rapporto Cresme consegnato nel corso dell’audizione presso la commissione Ambiente della Camera, in occasione dell’indagine conoscitiva sulla green economy (ottobre 2015), parla chiaro: un miliardo investito nelle grandi opere inutili e azzardate crea appena 700 posti. Mentre la difesa delle trivelle e le fonti fossili generano appena 500 occupati per miliardo investito.

Tw: @veermer_