Di Battista si sfila dal direttorio, nuovo fronte in Puglia. La Laricchia in lacrime per l’ingresso dei 5S nella giunta Emiliano. Mentre Dibba sembra Renzi prima di andarsene dal Pd

Alessandro Di Battista non pare proprio intenzionato ad entrare nella “segreteria”, organo politico emerso dai recenti Stati Generali dei Cinque Stelle, a meno che non vengano messe ai voti le sue proposte (e accettate) e cioè una presa di posizione contro il conflitto di interessi tra Padoan e Unicredit e la concessione autostrade, oltre ovviamente il limite dei due mandati ed altre richieste. A livello più basso assistiamo invece alla sceneggiata di Antonella Laricchia (nella foto con Di Battista) che è stata candidata contro Michele Emiliano alle ultime regionali in Puglia ed ha perso. È apparsa sconvolta e lacrimosa dopo la notizia dell’accorso tra Cinque Stelle e Partito Democratico in Puglia.

Ha dichiarato: “Agli oltre 200mila cittadini che ci hanno votato vorrei dire che se potessi restituirvi i voti di cui ci avete onorato e che in questo momento i miei colleghi stanno disonorando, lo farei”. E poi ha commesso anche un autogoal ammettendo di essere stata tenuta all’oscuro di tutto –e quindi di non essere stata tenuta in alcuna considerazione- comprese le ultime riunioni che hanno sancito il patto tra il capogruppo Pd Filippo Caracciolo e quella dei Cinque Stelle Grazia di Bari. Sono i dispiaceri della politica. Ma se la Laricchia volesse fare un bel gesto potrebbe dimettersi più che “restituire i voti” e così rinunciare ai 15.000 euro mensili dovuti ai voti stessi, ma un po’ di pratica politica ci sussurra che sarà decisione assai improbabile.

Finché si tratta di piangere è gratis, ma le dimissioni costano care. La senatrice Barbara Lezzi, ex “ministro per il Sud” coi gialloverdi, è l’unica che difende la Laricchia. L’astio nei confronti della maggioranza M5S nacque in lei dopo la non riconferma ministeriale nel cambio cromatico tra il verde e il rosso. Tutte e due le “pasionarie gialle” sono ora nell’orbita Di Battista e questo impone una riflessione. Di Battista sta facendo come Renzi fece nel Pd prima di andarsene. E cioè il guastatore, pur rivestito dai nobili panni del sacerdote degli antichi valori originari e puri del Movimento. Sinceramente non si capisce dove voglia andare a parare perché l’occasione di un rientro nei ranghi l’ha avuto dopo averla chiesta proprio con il recente Congresso e l’ha sprecata. Il “dibattismo”, insieme al “casaleggittismo”, stanno minando la compattezza dei Cinque Stelle in maniera perniciosa senza che lo stesso Grillo senta ancora la necessità di un richiamo all’ordine.