Di Maio insiste sul no allo scudo. Ma sull’ex Ilva i 5S sono divisi. Lo strappo di ArcelorMittal manda in affanno il Governo. Pentastellati e dem provano a varare una nuova intesa

Se fisicamente ArcelorMittal sta spegnendo i forni a Taranto, politicamente il caso dell’ex Ilva rischia di spegnere il Movimento 5 Stelle. E di far implodere lo stesso governo. La drammaticità della crisi pugliese richiede coesione da parte di tutte le forze politiche e di tutto il sistema Paese, ha continuato a ripetere senza sosta il premier. Dopo il vertice con il gruppo franco-indiano e il Cdm, Giuseppe Conte ha cercato sulla questione dello scudo penale di parlare con una sola voce. Se il problema di ArcelorMittal fosse che è venuta meno la protezione legale siamo pronti a reintrodurla: “Su questo il governo è compatto”, ha assicurato.

Un discorso che il ministro dello Sviluppo economico, il pentastellato Stefano Patuanelli, recupera. In un’intervista dichiara che “il tema dello scudo non c’è più. Come governo abbiamo dato subito all’azienda la disponibilità a reinserirlo, per togliere ogni alibi. Ma ArcelorMittal ha detto che anche se risolvessimo, oltre a quella, le altre questioni collaterali, la banchina e l’altoforno 2, la produzione sarebbe comunque di 4 milioni di tonnellate annue. Con 5000 esuberi”. I dem dal canto loro per evitare strappi hanno cercato finora di sdrammatizzare la questione scudo con il segretario Nicola Zingaretti e l’ex ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che hanno aperto all’immunità ma nel caso in cui la multinazionale fosse disposta a togliere dal tavolo il tema dei 5000 esuberi. Che è poi la linea tenuta a battesimo dal premier.

E anche Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera, che più si è sbracciato sul ripristino dell’immunità dice: “Non possiamo dare alibi a chi ha preso degli impegni precisi con lo Stato italiano. Il problema, però, non è lo scudo legale ma i cinquemila esuberi”. I renziani, com’è noto, premono per il ripristino. Ieri il capo politico dei Cinque stelle ha gettato all’aria i pezzi del puzzle e ha rimesso tutto in ballo dichiarando che “noi come M5S non siamo d’accordo sull’introduzione dello scudo. La Lega che cura i suoi interessi in Borsa presenta un emendamento, ma che lo presentino anche partiti della maggioranza senza un accordo è un problema per il governo”.

Una posizione che sposa il grillismo duro e puro contro ArcelorMittal e che mette in imbarazzo il premier. La girandola di incontri di deputati e senatori con Luigi Di Maio (e contro Di Maio) rendono incandescente il clima all’interno del Movimento. E a poco valgono i summit ristretti dello stesso ministro degli Esteri con i fedelissimi Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro (al vertice di ieri avrebbero partecipato anche Patuanelli e Vincenzo Spadafora) convocati per inviare all’esterno segnali di compattezza e il messaggio che “il M5s sul dossier dell’ex Ilva ha le idee chiare”. Ma le idee chiare in materia il Movimento 5 Stelle non ha propriamente manifestato di averle.

Il pasticciaccio brutto sull’immunità lo hanno creato proprio i grillini. Quando nel governo gialloverde l’hanno prima ridotta nel perimetro, poi reinserita con un salvo intese, e poi nel Conte II eliminata definitivamente con l’emendamento Lezzi. Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali e capo delegazione del Partito democratico nel governo, ha lanciato l’idea di un nuovo patto con gli alleati senza il quale la sopravvivenza stessa del governo è a rischio.

“Dobbiamo metterci di nuovo al tavolo con il Pd per creare un patto di governo più stringente”, rilancia Di Maio. “Veramente siamo noi che lo chiediamo da alcuni giorni”, replica Zingaretti. Che sull’ex Ilva chiede “maggiore solidarietà da parte della maggioranza a chi in questo momento sta trattando. Mi sembra – dice – ci sia un primo ministro che sta mettendo tutto sé stesso”. Maggiore solidarietà e meno polemiche. “Conte ci ha messo la faccia e per questo lo apprezzo”, dice in serata il capo politico pentastellato Di Maio.