Di Maio pronto al passo di lato. Il futuro del Movimento adesso è nelle mani di Conte. Per l’ex premier si allontana il ruolo di federatore con Pd e Leu. Ora deve scegliere se diventare leader M5S

Di Maio pronto al passo di lato. Il futuro del Movimento adesso è nelle mani di Conte. Per l’ex premier si allontana il ruolo di federatore con Pd e Leu. Ora deve scegliere se diventare leader M5S

Il ritorno all’Università, dopo quasi tre anni di aspettativa obbligatoria, non coinciderà, per ora, con l’annuncio dell’impegno politico a tempo pieno di Giuseppe Conte, sul quale sembra che non sia stata presa al momento una decisione ufficiale, nonostante le numerose attestazioni di stima da parte del Movimento 5 stelle, a partire da Luigi di Maio.

Di certo è che c’è molta attesa per la visita che oggi l’ex presidente del Consiglio farà a Firenze recandosi in Ateneo. Il rettore Luigi Dei incontrerà presso il Rettorato, in piazza San Marco, il professore Conte nel primo pomeriggio. Chissà se, oltre all’eventuale corso che inizierà a primavera, parleranno anche del futuro politico del professor Conte. Perché, spiega chi lo conosce bene, il fatto che Conte sia ora chiamato a prendere le redini del Movimento è il classico segreto di Pulcinella.

Per svariate ragioni. Alcune di convenienza dei Cinque stelle stessi (il nome di Conte, come raccontato ieri da La Notizia, è l’unico che può garantire stabilità in un periodo profondamente complicato), altre invece per motivazioni riconducibili allo stesso ex presidente del Consiglio. Col Pd entrato in crisi e col rischio che la guida di Nicola Zingaretti possa finire prima del tempo con la candidatura a segretario di Stefano Bonaccini (e, dunque, il rischio concreto del ritorno dei renziani al potere nel Pd), Conte vede di fatto tramontare l’ipotesi di federatore di una larga coalizione progressista. Detta in altri termini: quello di leader del Movimento è molto probabilmente l’ultimo treno politico che il professore può prendere per non rischiare di restare a piedi definitivamente.

L’ENDORSEMENT. In questo senso vanno letti anche gli appelli ormai diventati espliciti provenienti dai pentastellati. Ieri su tutti Di Maio è stato più che chiaro, parlando di “evoluzione” da completare “con l’ingresso di Giuseppe Conte”. L’ex capo politico apre le porte della casa all’ex premier dunque, invitandolo a mettere “la parola fine alle nostre ambiguità e ai nostri bizantinismi”. E anche se non è chiaro con che ruolo, Di Maio bada alla sostanza: “Se si sta parlando di far entrare Conte, significa che a un anno da quando ne ho lasciato la guida, il Movimento ha realizzato che senza una leadership forte non si va da nessuna parte”. Poi “un modo si trova sempre”.

RISCHIO NUOVI FUORIUSCITI. Un’apertura, questa, condivisa dalla stragrande maggioranza dei parlamentari e degli attivisti ma che, per altri aspetti, getta il Movimento nell’ennesimo tunnel che rischia di essere senza uscita. La domanda che in tanti si fanno è, ancora una volta, la seguente: “Che senso ha aver votato il cambio di statuto se poi si ragiona a una leadership da affidare al solo Conte?”.

Domande lecite che, peraltro, sorgono dopo che già per l’appoggio al governo Draghi c’erano state aspre polemiche sul quesito. Ed è anche per questa ragione che preoccupano e non poco i continui fuoriusciti. L’ultimo a lasciare ieri con un lungo post in cui sottolineava che “questo non è più il mio Movimento” è stato il senatore Emanuele Dessì. E, al di là delle smentite, le riserve di tanti big aumentano. A cominciare da Stefano Buffagni, una volta eminenza grigia del Conte2. E oggi a rischio addio anche lui.