Di questo passo addio al Pnrr. Ultimo avviso dell’Ue alla Meloni

Con le prossime rate del Pnrr che rischiano di saltare, Bruxelles straccia il libro dei sogni rifilato dalla Meloni agli italiani.

Di questo passo addio al Pnrr. Ultimo avviso dell’Ue alla Meloni

Non ci sono solo le continue e fuorvianti affermazioni del governo italiano sul Pnrr – come le dichiarazioni del ministro Raffaele Fitto, con la rocambolesca smentita arrivata successivamente, sull’idea di rinunciare a parte dei fondi – a impensierire Bruxelles. L’Europa sta esaurendo la pazienza con Roma anche perché le modifiche al Piano non sono ancora arrivate. Sì è vero la dead line per l’invio è fissata al 31 agosto ma l’Ue aveva già fatto capire a più riprese che la proposta di modifica sarebbe un bene che arrivasse il prima possibile. Ieri lo ha ribadito senza mezzi termini, mettendo in guardia il nostro Paese pure sul rischio dei ritardi che si stanno accumulando sullo stato di attuazione del Pnrr.

L’Europa sta esaurendo la pazienza con Roma anche perché le modifiche al Pnrr non sono ancora arrivate

“L’attuazione del Pnrr dell’Italia è in corso, ma con un rischio crescente di ritardi”, si legge nelle raccomandazioni della Commissione europea nell’ambito del pacchetto di primavera. Il ritardo nella presentazione delle modifiche potrebbe comportare, ammonisce l’Ue, anche uno slittamento nel pagamento delle rate. Per le modifiche al Pnrr dell’Italia “non dobbiamo guardare a delle scadenze formali. La realtà ci dice che l’Italia dovrebbe richiedere una quarta erogazione a giugno e una quinta a dicembre.

È chiaro che per mantenere questo tipo di ritmo serve che la discussione sulle più che legittime richieste di modifiche avvenga il prima possibile. È difficile farla dopo giugno se si vuole mantenere il ritmo delle erogazioni stabilite”, sono state le parole del commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni. L’ex premier ha spiegato che Bruxelles ha “un atteggiamento di grande apertura, collaborazione, ascolto, anche per le modifiche legittimamente chieste al Piano. Ma cercando di fare tutto questo presto e bene. Ritardare non conviene all’economia italiana e non sarebbe un buon risultato per la Commissione Ue”.

L’ex premier chiede un forte impegno, in particolare se il Piano verrà modificato. Ma la sostanza delle raccomandazioni non cambia: la trattativa sulle modifiche deve essere fatta quanto prima e questo appare difficile se il governo continua a tergiversare e a rinviare. La verità è che l’esecutivo continua a brancolare nel buio. Perché se è vero che la terza rata – su cui è ancora in corso la valutazione della Commissione europea – è legata agli obiettivi che dovevano essere centrati entro il 31 dicembre 2022, e dunque chiama in causa il precedente esecutivo Draghi, il governo Meloni è ai piedi della salita per quanto riguarda il raggiungimento dei 96 obiettivi da realizzare entro quest’anno.

Il cronoprogramma prevedeva di centrare 27 obiettivi entro giugno

Il cronoprogramma prevedeva di centrarne 27 entro giugno. Inutile dire che la tabella di marcia non è stata in alcun modo rispettata. Nel giorno in cui l’Ue ci richiama ancora una volta sul Pnrr, Fitto, rispondendo a un’interrogazione dei Cinque Stelle alla Camera, rinvia la patata ballante sullo stallo sulla terza rata e sullo stato di attuazione del Piano alla relazione semestrale del governo, che assicura, sarà inviata al Parlamento la prossima settimana.

“Nel corso di questi mesi – ha dichiarato il ministro a cui è affidata la regia del Recovery plan – il Governo ha provveduto ad effettuare una verifica approfondita, di cui si darà conto nella relazione semestrale che verrà inviata al Parlamento la prossima settimana, in ordine all’effettiva possibilità di realizzare tutti gli investimenti previsti dal Pnrr”. E ancora.

“Si tratta di una verifica effettuata nella prospettiva di garantire, da un lato, un utilizzo efficace di tutte le risorse del Pnrr e, dall’altro, di individuare in relazione a tutti gli investimenti le modalità di attuazione e le forme di finanziamento più adeguate rispetto all’obbiettivo della loro effettiva realizzazione, rifuggendo da soluzioni semplicistiche che alla prova dei fatti risultano del tutto inattuabili in considerazione della necessità di completare gli investimenti finanziati con le risorse Pnrr entro il 30 giugno 2026”. Fitto assicura: tutti gli atti e provvedimenti anche di tipo normativo necessari al conseguimento della terza rata sono già stati adottati.

Conti pubblici, fisco, fossili, autonomia, balneari: sono diversi i capitoli su cui Bruxelles mette in guardia l’Italia

Ma l’Ue non striglia Roma solo sul Pnrr. Conti pubblici, fisco, fossili, autonomia, balneari: sono diversi i capitoli su cui l’esecutivo comunitario mette in guardia il nostro Paese. L’Italia, nel 2023, registra deficit e debito eccessivo, oltre che squilibri macrofinanziari, dice l’Europa. Ma se la Commissione ha già annunciato a marzo che non proporrà l’apertura di nuove procedure per i disavanzi eccessivi ora, allo stesso tempo, il monitoraggio del disavanzo e l’evoluzione del debito continueranno e la Commissione proporrà al Consiglio di avviare procedure per i disavanzi eccessivi basate sul disavanzo nella primavera del 2024 sulla base dei dati di consuntivo per il 2023.

Dunque l’Italia rischia pure la procedura d’infrazione il prossimo anno. La Commissione Ue chiede, poi, all’Italia di ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e rendere più efficiente il sistema tributario, preservando la progressività del sistema tributario. Si tratta di un no alla flat tax. L’Italia, è l’altro avvertimento, dovrebbe allineare i valori catastali con gli attuali valori di mercato. Ovvero attuare la riforma del catasto, su cui le destre da sempre hanno opposto resistenza. La Commissione europea raccomanda, inoltre, all’Italia di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Faro infine sui rischi che l’Autonomia differenziata comporta in termini di costi economici e di aumento delle disuguaglianze.

In Italia “le proposte per aumentare l’autonomia regionale rischiano di aumentare la complessità del quadro fiscale”, dice la Commissione Ue. “La legge richiede che questa riforma sia neutrale dal punto di vista del bilancio pubblico – ricorda -. Tuttavia, senza risorse aggiuntive, potrebbe risultare difficile fornire gli stessi livelli essenziali di servizi in regioni storicamente a bassa spesa, anche per la mancanza di un meccanismo perequativo. Nel complesso, la riforma prevista dalla nuova legge quadro rischia di mettere a repentaglio la capacità del governo di indirizzare la spesa pubblica”. La Commissione ha evidenziato poi i “continui ritardi” nell’avvio delle gare sulle concessioni balneari.