Digeronimo: clientele e ideologie

di Angelo Perfetti

Nella sua lettera aperta con la quale informava di aver chiesto il trasferimento da Bari a Roma, dopo il clamore suscitato dalla segnalazione riservata – poi finita su tutti i giornali – nella quale informava dei rapporti di amicizia tra la sorella di Nichi Vendola e il gup Susanna De Felice nell’ambito dell’inchiesta sulla sanitopoli pugliese, la dottoressa Desirée Digeronimo, Sostituto procuratore della Dda, faceva trasparire la sofferenza di dover lasciare una terra alla quale era visceralmente legata, e citando Diogene il cinico affermò di considerare una condanna non l’esilio per sé ma la permanenza in loco per gli altri. Ora, alla luce di ciò che sta venendo fuori rispetto alla Puglia, dalla sanitopoli regionale al caso Ilva, dalla sanità alla salute pubblica, viene da chiederle: ma questa meravigliosa terra di Puglia, dove sta andando?
“Questa terra necessita di un grande cambiamento – afferma Digeronimo – di una nuova primavera. Dopo dieci anni di chiaroscuri politici va cambiato radicalmente il sistema di governo, c’è bisogno di nuove energie, che fondino la propria opera su un’etica maggiore”.
Cosa intende per etica politica?
“Non solo il comportarsi in modo ligio a leggi e regolamenti; non possiamo esaurire – come spesso è accaduto – il concetto di etica a quello di non perseguibilità penale. Etica è anche e soprattutto eliminare le clientele, cambiare la filiera di comando per rendere indipendenti e impermeabili tra loro i diversi attori della società e i diversi poteri dello Stato. Vanno recuperati ruoli e diritti, con i cittadini al centro dell’azione politica in quanto fruitori dei servizi pubblici, nel senso più ampio del termine”.
Quanto è stringente, e dunque soffocante, il legame tra politica, magistratura, enti di controllo?
“Troppo spesso abbiamo assistito a zone d’ombra nel confine tra controllori e controllati, tanto indefinito da creare seri problemi all’indipendenza di chi opera nei diversi settori. Bisogna ridare il primato alla politica e nel contempo va garantita l’indipendenza della magistratura. Le due cose andrebbero di pari passo se ci fosse un approccio corretto da parte di chi detiene il potere, ma spesso non è così. A fronte di tanti politici che fanno onestamente e convintamente il proprio lavoro e di magistrati che intendono il proprio mestiere come una passione, ce ne sono altrettanti che questa onestà intellettuale non ce l’hanno”.
Presumo non voglia scendere i singoli casi, ma può dirci almeno quale scenario rappresenta il terreno di coltura per questo virus democratico?
“Quello delle correnti ideologiche, anche all’interno della stessa magistratura. Il gioco correntizio che si muove guidato dalle ideologie non salvaguardia la verità dei fatti, la giustizia e dunque, in ultima analisi, il cittadino”.
Sta parlando di indagini?
“Parlo di tutto, perché come ho già detto sia la politica sia la magistratura devono tornare alla purezza d’intenti che è – o dovrebbe esserne – il fondamento stesso. Penso dunque anche alle nomine direttive negli Enti, che non dovrebbero essere guidate da logiche spartitorie sulla base di indicazioni politiche ma solo dettate da competenza e preparazione”.
Che effetto le fa vedere che molti teoremi da lei costruiti tempo fa oggi trovano riscontro in altre parti della Puglia?
“Voglia di reagire. Non mi conforta il fatto di vedere che uno stesso sistema malato lo abbiamo riscontrato a Bari, poi a Taranto, poi a Brindisi. Però dà il senso dell’impegno che bisogna mettere nel cambiarlo. Ci sono donne e uomini onesti e determinati, e su questi va rifondato un nuovo modo di intendere la partecipazione alla cosa pubblica. Non è più tempo di slogan lanciati a priori”.