Dilettanti allo sbaraglio. Fitto chiede correzioni al Pnrr appena cambiato

Finora solo il 23% dei fondi complessivi del Pnrr è stato rendicontato. Di questo passo il ritmo di spesa dovrà triplicare.

Dilettanti allo sbaraglio. Fitto chiede correzioni al Pnrr appena cambiato

Non si è fatto in tempo a modificare il Pnrr ed ecco che il governo chiede ulteriori nuove modifiche. Sintomo, secondo alcuni, del fatto che questa volta davvero l’esecutivo non sa che pesci prendere per evitare una debacle che a questo punto sembra piuttosto inevitabile. Ieri il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto ha fatto sapere che “il governo italiano ha inviato alla Commissione europea una richiesta di revisione esclusivamente diretta alla correzione di alcuni elementi tecnici nel Pnrr, così come approvato nell’ultima Cabina di Regia”.

Finora solo il 23% dei fondi complessivi del Pnrr è stato rendicontato. Di questo passo il ritmo di spesa dovrà triplicare

“La revisione – ha aggiunto – è il risultato di interlocuzioni svolte nel quadro della continua e proficua collaborazione tra il governo italiano e la Commissione europea. La revisione consentirà la corretta attuazione del Pnrr così come modificato lo scorso dicembre”. E fin qui non fa una piega. Il punto, però, è che solo una settimana fa l’esecutivo ha approvato un decreto legge che prevede innanzitutto l’istituzione di commissari su vari fronti proprio per snellire le pratiche burocratiche relative ai finanziamenti del Pnrr. E, ancora, la nascita di una cabina di regia per l’attuazione del Piano cui parteciperà anche il presidente del Cnel Renato Brunetta.

A quanto pare, tuttavia, le misure adottate sono sembrate insufficienti e così ecco anche l’interlocuzione con la Commissione europea e la richiesta, anche su quel fronte, di nuove modifiche. Non si sa mai. C’è da dire, peraltro, che una portavoce della Commissione, Veerle Nuyts, ha spiegato durante il briefing quotidiano dell’Esecutivo comunitario per la stampa che le modifiche tecniche riguardano “correzioni di errori materiali”, e sono necessarie “per assicurare la coerenza di tutto il testo con la decisione del Consiglio Ue che ha approvato la revisione del Piano”, l’8 dicembre 2023. Le correzioni concernono, ad esempio, errori di stampa o l’uso di termini diversi per lo stesso oggetto, a seguito delle modifiche al Piano che erano state presentate la scorsa estate. Insomma, errori marchiani che possono essere in alcuni casi anche determinanti.

Il decreto con le modifiche al Piano è stato varato solo 7 giorni fa. Ma Bruxelles ne ha indicate altre

La Commissione dovrebbe metterci meno di due mesi a completare la sua valutazione della richiesta italiana, hanno assicurato fonti comunitarie. Il Piano italiano per la ripresa e la resilienza è composto da 194,4 miliardi di euro, di cui 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Comprende 66 riforme e 150 investimenti. Ad oggi, la Commissione ha erogato oltre il 50% dei fondi stanziati all’Italia nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza, vale a dire più di 102 miliardi di euro. La revisione del Pnrr richiesta dall’Italia “che non è stata priva di controversie”, ha dato anche “un vantaggio: che il Pnrr è diventato il piano dell’attuale governo e non è più una sorta di eredità più o meno subita da un governo precedente. Ci siamo rimessi in carreggiata e mi fa piacere che il governo attuale consideri questo piano come figlio suo e come non come una astratta”, ha commentato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, intervenendo al convegno per i 40 anni di Affari & Finanza de La Repubblica. Basterà questo? Chissà.

I numeri al momento non sono confortanti: all’attuale ritmo qualcosa non sta andando nel verso giusto. Se la spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza è quella attuale, il ritmo dovrà triplicare perché l’Italia riesca ad avere tutti i 194,4 miliardi disponibili. Secondo la relazione sull’attuazione del Pnrr le varie amministrazioni hanno assorbito 45,6 miliardi di euro rendicontati dalla Ragioneria dello Stato: il 23% del totale. Non proprio una percentuale di cui andare fieri in quel di Palazzo Chigi.