Diritti musicali, appello a Di Maio. La Siae chiama il Governo contro gli abusi della rete. I big hi-tech fanno miliardi mentre gli autori soffrono

Invece di alzare le barricare gli autori e gli artisti che vivono grazie ai diritti sulle loro opere riscossi dalla Siae chiedono al Governo un confronto in campo aperto. A muovere il primo passo, dopo le parole pronunciate dal vicepremier e ministro del Lavoro e Sviluppo economico Luigi Di Maio in occasione dell’Internet Day, è stato ieri il presidente della Società degli editori e autori, Filippo Sugar. La Siae in questo momento è sotto un evidente attacco concentrico, tra notizie e smentite di presunti dossieraggi sulla società privata Soundreef, che per prima ha cominciato a raccogliere i diritti musicali, entrando in concorrenza con lo storico monopolista di questo settore. “Chiediamo al ministro di incontrare i rappresentanti dell’industria creativa italiana per un confronto costruttivo sui contenuti della direttiva sul copyright all’esame del Parlamento europeo”, ha proposto Sugar, aprendo una stagione di dialogo che finora non c’è stata, relegando tutto il comparto del collecting a questioni di mercato e di principio, senza un’analisi prospettica di quello che prima di un business è la fondamemtale rete di protezione economica di migliaia di artisti. E in fin dei conti della cultura stessa nel nostro Paese. Un’industria creativa e culturale che è anche una delle più importanti risorse nazionali, e che e in questi anni di dura crisi ha dimostrato di poter crescere più degli altri settori dell’economia italiana. Parliamo infatti della terza industria per numero di occupati, con 880 mila lavoratori diretti (oltre un milione se consideriamo anche gli indiretti) e un valore economico di oltre 50 miliardi di euro. Un settore strategico per l’Italia che potrebbe avere un incremento di oltre il 50% di fatturato e di decine di migliaia di posti di lavoro per il Paese se solo riuscisse a sfruttare tutte le opportunità e a contrastare le minacce come il value gap e la pirateria.

Basta distorsioni – Il value gap è il divario tra quanto viene generato dai contenuti creativi in rete e quanto viene restituito a chi ha creato quei contenuti. I principali beneficiari del value gap sono gli intermediari tecnici, tutte aziende non italiane, che nell’ultimo decennio hanno assunto modelli organizzativi e funzioni diverse: motori di ricerca, aggregatori di contenuti, social network, servizio cloud pubblico e privato. è giusto, secondo la Siae, che a tutta questa ricchezza partecipi di più chi è l’autore dei contenuti, non replicando in sostanza quell’effetto distorsivo per cui chi possiede e lavora la terra guadagna quasi nulla dalla sua immensa fatica, e invece la filiera commerciale ricarichi i prezzi, portando a casa l’utile sottratto ai produttori.