Si aprirà domani a Roma, nell’aula bunker di Rebibbia, davanti ai giudici della terza Corte d’Assise, il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano morto in Egitto nel febbraio del 2016. Gli imputati – il generale Sabir Tariq e gli altri tre ufficiali National security egiziana: Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif – non saranno presenti in aula e i giudici dovranno preliminarmente valutare se la loro assenza è volontaria. In tal senso il processo potrà andare avanti, con i quattro in contumacia, altrimenti il dibattimento potrebbero andare incontro a una sospensione.
A maggio il gup, rinviandoli a giudizio (leggi l’articolo), aveva affermato, motivando che il procedimento a carico dei quattro ufficiali poteva comunque andare avanti anche in loro assenza, che “la copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”.
Nella lista dei testi, presentata dai genitori di Regeni, che dovrà essere ammessa dalla Corte, compaiono anche i presidenti del consiglio che si sono succeduti in Italia dal 2016, oltre che ministri degli Esteri e i sottosegretari con la delega ai servizi segreti. Nei confronti di tutti e quattro gli imputati la Procura di Roma contesta il reato di sequestro di persona pluriaggravato e a carico di Magdi Ibrahim Abdelal Sharif anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Secondo le conclusioni dell’inchiesta della Procura di Roma (leggi l’articolo), coordinata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, Regeni fu torturato in più fasi e per giorni, tra il 25 e il 31 gennaio 2016. Indicibili sofferenze che gli causarono fratture e ferite compatibili con calci, pugni e violenti colpi sferrati con bastoni e mazze.
“L’autopsia eseguita in Italia – ha spiegato Colaiocco alla Commissione parlamentare che si sta occupando del caso Regeni – ha dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese, tra il 25 e il 31 gennaio. L’esame della salma depone per una violenta azione su varie parti del corpo. I medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell’osso del collo”.