Donne fuori mercato… del lavoro. Il Covid aumenta il gap con gli uomini. Penalizzate soprattutto le madri e chi cura gli anziani. Tra maschi e femmine un divario occupazionale del 19,4%

Donne, per l’uguaglianza di genere nel lavoro, c’è da tirarsi su le maniche! Il divario occupazionale con gli uomini, infatti, negli anni non è diminuito. Nel 2019 è dell’11,4 per cento la differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile nell’Ue. A dirlo è il report di Eurostat. Ma se mentre parliamo di parità di genere state pensando alle donne che accudiscono e crescono i figli o assistono ed aiutano gli anziani, beh, sappiate che è proprio lì il problema. La disparità è dovuta in gran parte all’inattività femminile per motivi di cura. È alle donne che vengono principalmente affidate le responsabilità familiari, motivo che spesso le spinge a rimanere fuori dal mercato del lavoro. Dai dati del 2019 sulla differenza dei tassi di occupazione si evidenzia come i paesi dell’Europa meridionale ed orientale riescano a superare la media europea sul divario occupazionale di genere, ovvero l’11,4.

L’Italia in questo settore sale sul podio: terzo posto in classifica, con 19,6 punti percentuali di differenza occupazionale tra i due sessi. Dietro solo a Malta e Grecia, entrambe al 20 per cento. Tra il 2009 e il 2013 in Europa la differenza tra occupati uomini e donne si era ridotta, passando dal 13,5 all’11,7 per cento. Attenzione. Non si è trattato di un aumento dell’occupazione femminile, ma di una riduzione di quella maschile. In Italia il divario è passato dai 24 punti del 2009 ai 19,8 del 2013, per poi mantenersi stabile intorno ai 20 punti percentuali fino al 2019. Dunque l’occupazione femminile è aumentata ma la forbice del divario di genere è ancora molto ampia. Le donne occupate in Italia sono poco più della metà. Dall’altra parte gli uomini occupati sono lievemente diminuiti, ma costituiscono il 73,4 per cento della popolazione maschile.

Le donne, probabilmente spinte da preconcetti, scelgono di non cercare un lavoro fuori dalle mura domestiche per restare a casa ad occuparsi della famiglia. Tutt’altro per gli uomini. Infatti il divario tra i sessi per responsabilità familiari e di cura (2019) è stato del 35,4 per cento. Le donne inattive in Italia sono state intorno al 12 per cento dal 2009 al 2017, poi aumentate gravemente fino al 15,6 nel 2019. La crisi sanitaria da Covid-19 ha portato gravi conseguenze sul mondo del lavoro. La chiusura di negozi, imprese e scuole durante il lockdown e le regole sul distanziamento sociale hanno causato il fallimento di attività e la perdita dei posti di lavoro. Secondo una rilevazione Istat su circa 90 mila imprese in Italia tra marzo e maggio 2020, il 45 per cento è rimasto chiuso dal 9 marzo al 3 maggio. Di queste, solo il 18,8 per cento ha poi ripreso l’attività con l’inizio della fase 2, mentre il 25 per cento ha dichiarato che riprenderà entro la fine dell’anno e l’1,2 che non riprenderà affatto.

Tutto ciò si è tradotto in una riduzione del tasso di occupazione dal 59 per cento di febbraio al 57,6 di maggio. Un calo che ha interessato entrambi i sessi, ma per le donne sembra destinato ad aggravarsi. Uno dei motivi principali risiede nella cura dei figli. Con le scuole chiuse e tutti i bambini e i ragazzi a casa, almeno un genitore doveva necessariamente occuparsi di loro. Una scelta che ha fatto registrare il 46,4 per cento di donne inattive in Italia a maggio 2020. Un aumento di circa 2 punti rispetto a febbraio (44,3 per cento). Tuttavia, il tasso di inattività maschile, nonostante sia peggiorato nel tempo, era e rimane ampiamente inferiore a quello femminile, il 28,2 per cento. Il Piano nazionale di riforma 2020 – fa sapere la presidente della commissione Lavoro del Senato, Susy Matrisciano – per incentivare l’occupazione femminile prevede sgravi contributivi nelle aree dove il fenomeno è maggiormente incisivo.