“Donne vittime di violenza, l’indipendenza economica è la prima via d’uscita”: parla la senatrice M5S, Licheri

Violenza di genere, parla la senatrice M5s, Sabrina Licheri: "Servono una svolta culturale e un approccio meno ideologico".

“Donne vittime di violenza, l’indipendenza economica è la prima via d’uscita”: parla la senatrice M5S, Licheri

Sabrina Licheri, senatrice del Movimento 5 Stelle, sono giorni in cui il dibattito politico sulla manovra si fa particolarmente acceso e c’è un pacchetto unitario di emendamenti segnalati dall’opposizione. Quali le convergenze e gli obiettivi con gli allegati del “campo largo” a riguardo?
“Indubbiamente c’è stata un convergenza tra le varie forze dell’opposizione che ha seguito, essenzialmente, il buon senso. Di fronte a una manovra tra le più magre di sempre degli ultimi dieci anni, ci siamo trovati davanti- a una serie di provvedimenti da parte della maggioranza che – in sostanza – hanno lasciato fuori le fasce più fragili della popolazione italiana. Nel nostro Paese ci sono quasi sei milioni di persone in povertà assoluta, e per loro in legge di Bilancio c’è poco e nulla. Per questo abbiamo chiesto di aumentare la disponibilità dell’assegno unico a 70 euro così come incrementare i termini dei congedi parentali, attualmente insufficienti. Dobbiamo andare incontro alle famiglie che stanno pagando un prezzo altissimo alla crisi economica. Il carrello della spesa è sempre più caro, i costi energetici hanno un loro peso sul bilancio familiare e spesso le famiglie devono decidere se pagare l’affitto o le bollette. Il peso della pressione fiscale, poi, ha superato il 42% e a pagare sono sempre i lavoratori dipendenti e i pensionati mentre un terzo della popolazione è totalmente sconosciuto al fisco. Se poi a questo aggiungiamo la crisi che sta attraversando l’industria – e di conseguenza i lavoratori – chiudiamo il cerchio. In legge di Bilancio, infatti, abbiamo chiesto di ripristinare Transizione 4.0. Quella portata avanti dal Ministro Urso – Industria 5.0 – è stata totalmente fallimentare tanto che persino Confindustria ne ha cantato il De Profundis. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Tra crisi industriali e dazi le aziende rischiano di perdere competitività e occupazione”.

Intanto, questo fine settimana si va al voto in Puglia, Veneto e Campania. Ed è proprio in quest’ultima regione che spunta fuori dal centrodestra il condono edilizio. Ricordiamo che 2003 la Campania guidata da Bassolino fu l’unica regione italiana a non beneficiarne. Mossa elettorale, o occasione per il territorio? 
“Stiamo assistendo chiaramente a una manovra elettorale, arrivata a pochi giorni dal voto. Un vero e proprio spot frutto, chissà, della disperazione di questa destra ma che rischia di creare danni irreversibili al territorio. Parliamo di una misura del 2003 fatta dal governo Berlusconi a cui la Regione Campania, allora, disse no. Riaprire i termini significa solo dare spazio ai furbetti che, in questo modo, potranno chiedere il condono per qualsiasi lavoro fatto anche dopo quella data. Le associazioni hanno già lanciato l’allarme. Non sono pochi, infatti, i casi di palazzine, tetti o sopraelevazioni spuntati come funghi dopo l’annuncio del condono da parte delle forze di governo. Il territorio diventa luogo di conquista elettorale, ma non sono pochi a scommettere che questo emendamento presentato alla Manovra sparirà dopo il voto. Ci troviamo di fronte all’ennesima arma di distrazione di massa”.

Un tema che unisce la politica sul piano programmatico è il contrasto alla violenza di genere. Andiamo incontro al 25 Novembre. Lei è firmataria di un ddl che va nella direzione di una maggiore tutela e giustizia per le vittime. Quali i punti salienti della sua proposta? 
“Il ddl 1686 che ho presentato ha lo scopo di estendere la protezione per le vittime di violenza di genere e dei figli. La normativa attuale già assicura il patrocinio gratuito senza limiti di reddito nel procedimento penale ma permane un vuoto rilevante quando, cioè, si rende urgente l’attivazione di misure di protezione per mettere in sicurezza sé e i figli. In questo modo si semplifica l’accesso al patrocinio gratuito garantendone l’immediatezza in presenza di una denuncia o querela nelle cause civili, in presenza di separazioni e divorzi, affidamento dei figli i cui oneri legali, attualmente, rischiano di ricadere sulla stessa vittima. La capacità economica delle donne vittime di violenza è fondamentale per uscire da condizioni familiari drammatica. L’indipendenza consente di fare scelte coraggiose per sé e per i figli che sono vittime anch’essi di violenza secondaria”.

Sul piano culturale per una piena promozione della parità di genere l’educazione sentimentale fatica ad entrare nelle scuole, basti pensare alla posizione della Lega al suo iniziale “no” nel percorso secondario di primo grado in parte modificato con la richiesta dell’assenso genitoriale. Cosa ne pensa?
“La violenza di genere e il drammatico fenomeno dei femminicidi non si possono risolvere solo con la punizione del reato come ha fatto il governo. Sono, per loro stessa natura, fenomeni culturali e proprio attraverso la cultura, e l’educazione possono e devono essere affrontati. Unesco, OMS e Parlamento europeo raccomandano, per questo, l’educazione sessuo-affettiva a scuola, fin dalla prima infanzia. In molti Paesi europei questo avviene già da anni, da noi – come sempre – è diventato terreno di scontro ideologico, richiamando i fantasmi del gender. La battaglia che si è scatenata in Aula, nel corso della discussione sul cosiddetto Decreto Valditara, ha messo sul tavolo tutti i limiti del provvedimento. Si è trattato il tema sempre e soltanto con un approccio ideologico. Qui l’ideologia non c’entra nulla, contano solo i risultati che vogliamo conseguire tutte e tutti insieme, vale a dire l’educazione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi sui temi dell’affettività e di una sessualità consapevole. Tutti i dati ci dicono che una educazione al rispetto, alla conoscenza del proprio corpo, alla relazione con l’altro, diminuiscono drasticamente i casi di violenza di genere e femminicidi. Noi invece diciamo no, esattamente come l’Ungheria di Orbàn. Non mi sembra un buon segnale per le ragazze e i ragazzi del nostro Paese”.