Dopo l’Air Force, Renzi cerca posto nel Cda Alitalia. Italia Viva reclama un suo uomo nel Consiglio della compagnia. Ma ha poche chance

Matteo Renzi è in cerca di selvaggina, un po’ per vocazione atavica di cacciatore democristiano che compie in un sol balzo il sillogismo “preda uguale posto”, un po’ perché, nel contingente, vuole acchiappare qualcosa. Un po’ come quel tale, il brigante di passo – reso famoso da Bettino Craxi – che chiedeva dazio ai passanti, e lo dico con un filo di quasi ammirazione. Attività che lo rese peraltro importante, se è vero che Dante Alighieri, toscano come il senatore e il brigante, gli riservò un posto nel Purgatorio della Divina Commedia.

Dunque Italia Viva si rifà sotto, dopo l’inutile attacco al fortino Inps presidiato da Pasquale Tridico, e si inserisce nel dibattito in corso tra Pd e Movimento 5 Stelle sulle nomine del Cda della nuova Alitalia pubblica. In effetti sono diversi mesi che si gira intorno al suo completamento che vede presidente Francesco Caio, già Olivetti e Poste, e amministratore delegato Fabio Lazzerini, già capo dell’area Business.

Caio è dato vicino al premier Giuseppe Conte, mentre Lazzerini viene assegnato all’area Pd, quindi per i consiglieri la partita è aperta e il ritardo nella nomina sta cominciando a pesare seriamente sui destini della compagnia e, soprattutto, su quelli dei lavoratori. Giuseppe Leogrande, il commissario unico che gestisce l’amministrazione straordinaria, già presidente di Blue Panorama Airlines, è alle prese con la scadenza della cassa integrazione causa virus – in disponibilità restano solo 260 milioni e se ne aspettano altri 150 – che è prevista per 6.622 lavoratori a tempo pieno (di cui 1.024 piloti, 2.315 assistenti di volo e 3.282 di addetti ai servizi di terra), fino al 31 ottobre 2020 ed ha già ottenuto una proroga fino al 23 settembre 2021. Ieri, sul tema, Leogrande e il dg Giancarlo Zeni sono stati ascoltati alla Camera nelle commissioni Trasporti e Attività produttive riunite per l’occasione.

Ma torniamo alla politica. Renzi ha un’idea ben precisa del suo fare politica con ex amici, il Pd, e perenni nemici, i Cinque Stelle, che pure attualmente supporta alla guida del governo. È tutto un dare-avere, un continuo contrattare e brigare per avere il più possibile, per spuntare la situazione a lui più conveniente. Cedere il minimo e ottenere il massimo, questa la sua stella polare, la sua guida politica animata sempre da questa incontenibile bramosia di potere che almeno viene mostrata impudicamente, senza troppi artifizi retorici, se non il minimo da contratto sindacale. E questo quando, come detto, la nuova Alitalia avrebbe bisogno di uscire più che rapidamente dal suo stato di letale inerzia sia per sé stessa che per il Paese. Italia Viva ha dimostrato alle recenti elezioni amministrative di valere molto di meno di quanto si accreditava.

Persino nella Toscana dell’ex premier: il 5%, la metà dell’atteso e fatidico 10%. E anche il suo peso parlamentare di 47 tra deputati e senatori, non è tale da consentirgli di spingersi ad altre richieste, dopo aver strappato con la tecnica descritta dal Sommo Poeta ben due ministri, Teresa Bellanova, politiche agricole e Elena Bonetti, pari opportunità, oltre a Ivan Scalfarotto sottosegretario agli Esteri. È ora di mettere un freno al continuo appetito dell’ex premier perché ha già avuto molto, in proporzione più di altri che pur sorreggono con ben altri numeri il governo. Senza contare la continua opera di logoramento che Renzi svolge sull’esecutivo.