Dopo disabili e cronici i tagli del Pirellone affossano anche le Rsa

Dopo disabili e cronici, tagli anche alle Rsa: ricorso al Tar contro la delibera che blocca i rimborsi per le rette.

Dopo disabili e cronici i tagli del Pirellone affossano anche le Rsa

Contro le scelte del Pirellone in materia di Welfare, dopo le associazioni dei disabili e dei Caregiver, scendono in campo anche le Rsa. E lo fa presentando un ricorso al Tar contro la delibera regionale 1513 del 13 dicembre scorso, firmato dall’Uneba Lombardia, l’associazione di categoria alla quale aderiscono enti del settore sociosanitario, assistenziale e dei servizi alla persona. Nel ricorso Uneba chiede l’annullamento della delibera che dispone, tra le altre cose, il blocco delle rette dei servizi di Rsa, Rsd (residenze sanitarie per disabili) e Comunità socio sanitarie (rivolto a persone con disabilità totale o parziale di età superiore ai 18 anni, prive di sostegno familiare). Insufficienti, dicono, i rimborsi accordati da Regione. Per il presidente di Uneba, l’avvocato Luca Degani, si tratta di “scelte ideologiche” che vanno a discapito degli utenti. E che mettono a rischio i servizi oggi e, soprattutto, per il futuro.

Avvocato Degani, qual è il punto della delibera che vi ha portati al ricorso?
“Il punto è che i fondi messi da Regione non sono sufficienti. Nella norma si dice che le strutture che gestiscono questi servizi, qualora abbiano una retta superiore del 2% alla media della loro ATS di riferimento, non potranno operare aumenti nel 2024. Regione avendo messo 90 milioni di finanziamento all’interno del sistema regionale, ritiene di aver fatto la sua parte e di aver soddisfatto eventuali difficoltà economiche delle strutture. Ma le previsioni di legge in tema di LEA prevedono una copertura della tariffa giornaliera da parte del Fondo Sanitario Regionale del 50% per le Rsa e del 70% per le Rsd. Invece nell’attuale sistema di accreditamento l’ammontare riconosciuto da Regione Lombardia ai gestori è al di sotto delle soglie necessarie per garantire i LEA e ciò determina una significativa minor entrata annua”.

Facciamo due calcoli per capire…
“Facendo riferimento solo al settore anziani, di quei 90 milioni ne ha messi 70. Il settore delle Rsa ha 60 mila posti letto. Moltiplichiamoli per 110 euro (42 euro di contributo regionale e 78 euro di retta nel 2023). Moltiplichiamo il risultato per i 60 mila posti e poi per 365 giorni all’anno: il totale è di 2,4 miliardi. Questi servizi vengono erogati per oltre il 90% da enti senza scopo di lucro. Di fronte al 2,4 miliardi, se tu Regione mi dai 70 milioni, mi hai dato poco meno del 3%”.

Una quota inferiore anche al solo tasso di inflazione…
“Non solo. Nel 2023 l’inflazione è stata significativamente superiore al 6-7%, calcolando anche i costi energetici e gli aumenti del contratto collettivo nel mondo della cooperazione. Come puoi pensare che dandomi le briciole io possa tenere in piedi un sistema che mi finanzi per meno del 3%, ma che ha un aumento dei costi superiore al 10%? Senza dimenticare che questo è un settore nel quale la corrispondenza di 60 mila posti letto per anziani è di 65 mila lavoratori, tra l’altro con contratti collettivi in via di rinnovo. Si rischia veramente che per una manovra ideologica non potremo più pagare i dipendenti”.

Cosa intende per manovra ideologica?
“Il blocco delle rette è pura ideologia: la Regione ha la presunzione di fare bella figura perché ha bloccato gli aumenti. Dimenticando che le Rsa in Lombardia sono lo stesso numero di 20 anni fa, con una popolazione che ha il doppio di anziani non autosufficienti.Nella bozza del “Nuovo Piano Sociosanitario”, ad esempio, non ci sono gli indici di fabbisogno, cioè non c’è l’identificazione dei bisogni in percentuale rispetto alle diverse fasce di popolazioni. C’è scritto che in dieci anni il sistema sanitario e il Fondo sanitario regionale potranno aumentare solo di 700 milioni su 23 miliardi di oggi, parliamo sempre del 3%. Il che vuol dire che in 10 anni il potere reale dei servizi diminuirà di quasi un quarto”.