Sarà solo una coincidenza. Ma, dopo l’articolo pubblicato ieri da La Notizia, sul sito del Governo spuntano (quasi) tutti i redditi di presidente del Consiglio, sottosegretari e ministri senza portafoglio. Oneri di trasparenza adempiuti a poche ore dalla scadenza dei 90 giorni previsti dalla legge per la pubblicazione di curricula, dichiarazioni reddituali e patrimoniali dei titolari di incarichi politici. Dal premier in giù. Dati comparsi ieri, in serata, nella sezione amministrazione trasparente del sito governo.it.
Paperone Draghi pubblica reddito e patrimonio: imponibile di 581mila euro
E così scopriamo innanzitutto che Mario Draghi ha rinunciato alle indennità previste per la carica di presidente del Consiglio. Ma scopriamo – senza sorpresa, dopotutto – che l’ex governatore della Banca Centrale Europea è il più “ricco” tra coloro che sono al vertice dell’Esecutivo. Nella dichiarazione 2020 (per il 2019) campeggia un imponibile di 581.665 euro. Non solo.
Dai documenti da ieri sera reperibili sul sito istituzionale, emerge che Draghi è anche proprietario e comproprietario di 10 fabbricati (tre dei quali in proprietà esclusiva al 100% di cui 1 a Londra) e 6 terreni (tutti in comproprietà). Il premier detiene, infine, una quota del valore di 10mila euro nella società semplice Serena. E i congiunti? Nulla da fare: non hanno dato il consenso alla diffusione dei dati reddituali e patrimoniali.
“La dichiarazione dei redditi 2020 di Draghi, pubblicata in ritardo mercoledì, ha mostrato che Draghi aveva un reddito lordo di 583.470 euro nel 2019. Di questi, 498.144 euro provengono da pensioni statali che riceve dai suoi precedenti lavori come direttore generale del Tesoro e governatore della Banca d’Italia, ha detto la sua portavoce”, scrive l’agenzia di stampa Reuters. Draghi, che attualmente ha 73 anni, ne aveva 54 quando lasciò il Tesoro nel 2001 per assumere un ruolo di primo piano presso la banca di investimenti Goldman Sachs a Londra. Aveva 64 anni quando lasciò la Banca d’Italia.
Lo stipendio di SuperMario
Ma non c’è solo Draghi negli elenchi freschi di pubblicazione. A spiccare è anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Che ha rinunciato al compenso della carica optando per conservare lo stipendio da magistrato: imponibile di 212.911 euro. Poi ci sono le proprietà: otto fabbricati (di cui tre al 50% e cinque al 100%) e un considerevole portafoglio azionario: 2.625 azioni A2A, 1.500 di Terna, 973 di Enel, 875 di Snam. E poi ancora Telecom (503), Italgas (175) e Tiscali (70).
Ma non è finita qui. Poi c’è Vittorio Colao. Dalla documentazione risulta che il ministro dell’Innovazione ha dichiarato nel 2020 (per il 2019) redditi sia in Italia che nel Regno Unito, dove era a capo della Vodafone: nel primo caso risulta un reddito di circa 5mila euro; nel secondo di circa 2 milioni (lordi) di sterline (più o meno 2,3 milioni di euro). A cui si sommano 5.600 azioni detenute nella Unilever e 15 beni immobili (12 fabbricati, di cui uno nel Regno Unito, e 3 terreni; la maggior parte dei quali posseduti al 100%).
Quanto guadagnano i ministri
Non bisogna, però, dimenticare tutti gli altri, ovviamente. Anche qui, infatti, c’è da sbizzarrirsi. A non passarsela male, ad esempio, è anche Mara Carfagna: il ministro per il Sud dichiara un reddito pari a circa 135mila euro. Praticamente il doppio rispetto ai 70mila euro e rotti dichiarati dalla renziana ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, Elena Bonetti. A non passarsela male neanche Erika Stefani: per la leghista ministra per le Disabilità si registra un reddito complessivo pari a 101mila euro.
Che dire, ancora, dell’ex capo della Polizia e oggi invece nominato – anche lui per diretto volere di Mario Draghi – sottosegretario con delega ai servi segreti, Franco Gabrielli: il suo reddito complessivo, dalla documentazione presentata, risulta pari a 191mila euro. E poi, ancora, troviamo la sottosegretaria dem all’Innovazione tecnologica Assuntela Messina il cui reddito complessivo supera di poco i 100mila euro.
Poco sotto invece (circa 95mila euro) troviamo il fedelissimo di Conte e oggi ministro per i Rapporti col Parlamento, Federico D’Incà. Il più morigerato, invece, è senza ombra di dubbio il sottosegretario (nominato da Conte e riconfermato da Draghi) alle Politiche europee, Vincenzo Amendola. Per lui risulta una dichiarazione di 34mila euro di reddito complessivo.
La trasparenza che manca
C’è da dire, però, che non tutti hanno pubblicato i loro dati patrimoniali. Ovviamente non sappiamo – e non lo crediamo – se dipende dalla singola volontà di ministri e sottosegretari o dal malfunzionamento del sito. Certo è che ad oggi ancora non è possibile consultare redditi, curriculum, beni immobili di Renato Brunetta. Il che fa un po’ sorridere considerando che parliamo del ministro della Pubblica amministrazione.
E che dunque dovrebbe dare il buon esempio. Siamo sicuri colmerà il gap a strettissimo giro. E, come lui, anche la collega di Forza Italia Mariastella Gelmini, il leghista Massimo Garavaglia, la dem Caterina Bini e i centristi Bruno Tabacci e Valentina Vezzali. Segno, semmai ce ne fosse bisogno, che la pubblicazione dei dati – esattamente come la non pubblicazione – non è né di destra né di sinistra.