Draghi supera l’ultimo ostacolo. Oggi al Colle dopo l’ok dei grillini. Il premier verso la più ampia maggioranza della storia. Ma per tenere insieme dalla Lega al Pd serve un miracolo

Draghi supera l’ultimo ostacolo. Oggi al Colle dopo l’ok dei grillini. Il premier verso la più ampia maggioranza della storia. Ma per tenere insieme dalla Lega al Pd serve un miracolo

Col 59,3% dei voti gli iscritti M5S hanno detto sì al governo Draghi. Si definisce così il perimetro della maggioranza dell’esecutivo guidato dall’ex presidente Bce. Sostegno unanime da quasi tutti i partiti: Leu ufficialmente deve ancora sciogliere la riserva ma c’è chi scommette che sarà della partita. Si chiama fuori dai giochi solo Giorgia Meloni che ha deciso con i suoi Fratelli d’Italia di stare all’opposizione. Il segnale arrivato da Mario Draghi, con il sì alla proposta di Beppe Grillo di un ministero della Transizione ecologica, è giunto a destinazione.

Ieri, come ogni mattina, il premier incaricato è ripartito dal casale di Città della Pieve alla volta di Roma e, dopo una giornata passata tra la sede di Bankitalia e la sua abitazione, ha fatto un breve passaggio alla Camera. “Siamo pronti a metterci immediatamente al lavoro e a disposizione del presidente incaricato per i prossimi passaggi”, ha detto il capo politico M5S Vito Crimi. “Il lavoro più difficile – ha aggiunto – adesso è fare questo programma di governo, attività e composizione dell’esecutivo”. E non c’è dubbio che riuscire a conciliare anime così diverse tra di loro al governo sarà la scommessa più ardua per Draghi. Non mancano le avvisaglie.

La Lega fa sapere di essere “preoccupata per la spaccatura nel M5S dopo il voto degli iscritti”. In questa situazione – dice – “è ancora più importante il ruolo della Lega e di Forza Italia”. Se da una parte c’è Matteo Salvini pronto a rivendicare centralità per i due partiti del centrodestra che hanno deciso di dire sì all’ex presidente della Bce, dall’altra troviamo il leader del Pd. Nicola Zingaretti chiarisce, nel corso della direzione dem (che ha ribadito il sì unanime a Draghi), che “il successo per la formazione di un governo ancora una volta dipende dall’unità dell’alleanza tra Leu, M5s e Pd”. E ancora: “Noi abbiamo avvertito che l’estensione della maggioranza può non coincidere con la stabilità della stessa maggioranza. L’abbiamo evidenziato ma, per rispondere all’appello del presidente Mattarella, non abbiamo posto veti”.

Si diceva della squadra di governo a cui sta lavorando Draghi nel massimo riserbo. Si scommette su un mix di tecnici e di politici. Ma i partiti scalciano nel timore di venir commissariati. “Chiediamo – dice Zingaretti – una squadra autorevole formata nel rispetto del pluralismo politico e che rispetti il valore della differenza di genere nella sua composizione”. E se Giorgio Mulè di Forza Italia fa sapere che “l’emergenza è quella dei vaccini, non il green”, un altro big azzurro come Renato Schifani “teme” che “le differenze tra le varie forze politiche potrebbero portare questo a essere un governo di scopo con la scadenza di un anno”.

Uno dei primi banchi di prova del nuovo governo sarà sulla prescrizione. Una vera patata bollente. Nel Milleproroghe ci sono diversi emendamenti – a firma Azione, Italia viva e Forza Italia – che puntano a fermare la riforma Bonafede. Il governo uscente, chiamato a sbrigare solo gli affari correnti, non se l’è sentita di esprimere i pareri sugli emendamenti e l’inizio delle votazioni è stato rinviato alla prossima settimana. Qualora le proposte emendative in questione venissero “segnalate” toccherebbe al governo Draghi esprimere un parere. Come si regolerà l’esecutivo di super Mario? Salvini, Berlusconi e Renzi sono d’accordo con il contenuto degli emendamenti.

Il M5S ovviamente no e il Pd potrebbe trovarsi in una posizione scomoda dal momento che considera strategica l’alleanza con i pentastellati. Draghi dovrebbe salire al Colle per sciogliere la riserva oggi, subito dopo (presumibilmente sabato) giurare e chiedere la fiducia delle Camere nei primi giorni della settimana. “Ipotizzo la fiducia al Senato martedì”, dice il dem Andrea Marcucci. Ma la sua non è una strada priva di mine. Meloni ha parlato di “girone infernale da cui uscire solo con libere elezioni”.