Ecco a cosa servono i giornali in conflitto di interessi. L’editore Angelucci avrebbe cercato di corrompere l’assessore regionale che bastonava con i suoi quotidiani

Ci risiamo, a Roma si torna a parlare di un presunto scandalo nella Sanità. Questa volta a finire nel mirino del procuratore Paolo Ielo è stato il deputato di Forza Italia, nonché editore dei quotidiani Libero e Il Tempo, Antonio Angelucci (nella foto). Il parlamentare è indagato per aver tentato di corrompere, nel 2017 e con 250mila euro, l’attuale assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato. Un tentativo che non si è concretizzato in quanto il fedelissimo di Nicola Zingaretti, il quale non è indagato, ha rispedito al mittente la proposta. All’editore e imprenditore 76enne viene contestata l’istigazione alla corruzione mentre agli altri indagati la corruzione semplice.

Sostanzialmente per l’accusa, il re delle cliniche – proprietario del gruppo San Raffaele di Roma – avrebbe promesso a D’Amato, all’epoca dei fatti responsabile della cabina di regia del servizio sanitario regionale, “il pagamento di complessivi 250mila euro, dei quali 50mila euro gli sarebbero stati, asseritamente, consegnati subito” in cambio D’Amato avrebbe dovuto avallare il pagamento dei crediti per la clinica San Raffaele Velletri che erano stati revocati dalla Regione Lazio per effetto di un’altra inchiesta che aveva coinvolto il management della struttura e che si è conclusa recentemente con l’assoluzione degli indagati.

L’episodio a cui fa riferimento l’inchiesta riguarda il tavolo di riconciliazione indetto dal Prefetto di Roma e svolto il 19 dicembre 2017. Un’occasione in cui i presenti ragionavano sulla crisi occupazionale minacciata dal Gruppo San Raffaele a causa del braccio di ferro con La Pisana e per la quale Angelucci aveva tentato una mediazione, fino alla tentata corruzione. Ma ad inguaiare il re delle cliniche c’è anche un ulteriore episodio di corruzione in cui è coindagato assieme al suo manager, Ferruccio Calvani, attuale presidente del cda de Il Tempo, e Salvatore Ladaga, all’epoca dei fatti consigliere comunale forzista a Velletri e oggi coordinatore comunale del partito nonché padre di Silvia, quest’ultima compagna di Gabriele Bianchi ossia il killer di Willy Monteiro Duarte.

Calvani, secondo gli inquirenti, “accettava l’utilità di poter gestire in proprio le richieste di assunzione presso le case di cura private della San Raffaele Spa, che Ladaga gli concedeva, in accordo con Angelucci”. A fronte delle assunzioni pilotate, il consigliere assicurava il suo “impegno istituzionale” in consiglio comunale per favorire le cliniche di Angelucci. Che i rapporti tra D’Amato e Angelucci fossero tesi emerge anche dalla recente decisione dell’assessore, responsabile dell’unità di crisi regionale per l’epidemia da Covid, che ha disposto la revoca dell’accreditamento per la rsa San Raffaele Rocca di Papa in cui erano state riscontrate gravi violazioni dei protocolli, con 168 anziani contagiati di cui 43 deceduti. Pochi giorni dopo il fedelissimo di Zingaretti finiva a sua volta nel ciclone mediatico con il quotidiano Il Tempo che pubblicava la notizia di un’indagine della Corte dei Conti, nata da un’inchiesta della Procura di Roma archiviata, che puntava il dito contro D’Amato.