Ecco che fine fanno le nostre donazioni

Greenpeace gioca in borsa con i soldi dei donatori: bruciati 3,8 milioni di euro

di Antonello Di Lella

Questa volta non parliamo di un’operazione spericolata a difesa dell’ambiente a cui tanto ci hanno abituato gli attivisti di Greenpeace. Perché di spericolata c’è soltanto un’operazione finanziaria che ha portato a bruciare quasi 4 milioni di euro del patrimonio dell’associazione. Quindi a essere buttati in questa scommessa azionaria sono stati anche i soldi donati dalle persone. A rivelare il tentativo speculativo il settimanale tedesco Der Spiegel, a confermarlo senza alcun scanso di equivoci la stessa associazione ambientalista pur provando a limitare i danni, con una difesa apparsa tutt’altro che convincente. Quella finita nel mirino è una scommessa contro l’euro: un dipendente della più grande organizzazione attiva nella salvaguardia ambientale del pianeta ha sottoscritto un contratto di swap sui cambi (appartiene agli strumenti derivati, uno di quei contratti che servono a proteggere dall’oscillazione). L’operazione sarebbe stata condotta dall’uomo senza che ne avesse avuto alcun mandato e, proprio per questa ragione, Greenpeace lo ha già licenziato. Questa la spiegazione dell’associazione, anche se più di qualcuno si chiede se sia possibile speculare tanti soldi così facilmente e senza alcuna autorizzazione. Da par sua Greenpeace ha chiesto scusa a tutti i suoi donatori, almeno 3 milioni di persone in tutto il mondo. Un danno non irrilevante che comporterà “la riduzione delle spese sulle infrastrutture, ma non sulle campagne”, spiegano dall’associazione.

Ombre nel passato
Lo spericolato tentativo speculativo, come già evidenziato da Il Giornale, fa tornare alla mente il documentario realizzato, vent’anni fa, dal regista islandese Magnus Gudmundsson che presentò così l’organizzazione ecologista: “Greenpeace si presenta come un’associazione per la difesa dell’ambiente, in verità è una multinazionale che cerca potere politico e denaro”. Il documentario portò alla luce l’esistenza di alcuni conti bancari su cui sarebbero transitati milioni di dollari: conti accessibili soltanto ai leader dell’associazione e con soldi provenienti da campagne e donazioni. A mettere in imbarazzo l’associazione, all’epoca, era il 1993, l’ex responsabile contabile in Olanda, Frans Kotte, che aveva lavorato per Greenpeace International. Ci sarebbe stato un uso tutt’altro che chiaro di denaro impiegato in operazioni finanziarie quantomeno discutibili. Oltre al documentario c’è sempre il settimanale tedesco Der Spiegel, che da sempre segue con estrema attenzione ogni operazione condotta da Greenpeace. Era il 1991 quando Der Spiegel rivelò una serie di intrecci svelò che in Germania operava una rete di società controllate interamente da Greenpeace nel silenzio generale e fuori dal bilancio. Anche perché la società non dovrebbe avere alcun fine di lucro. Un sospetto che era venuto ancora prima, nel 1986, a Patrick Moore, uno dei fondatori dell’associazione (1971), che però ne prese le distanze convinto che l’associazione stesse prendendo una strada differente da quella per cui era venuta alla luce. Ad onor di cronaca occorre sottolineare che lo pure lo stesso Moore nel corso degli anni ha mutato le proprie idee in materia ambientale, essendo diventato un accanito sostenitore dell’energia nucleare.

 

Emergency fa cassa con il 5 per mille

di Alessandro Righi

I lasciti patrimoniali continuano a ricoprire un ruolo di prim’ordine nelle entrate di Emergency. E in tempi di crisi la campagna “Guarda al futuro anche dopo di te” risulta determinante per l’associazione di Gino Strada per riuscire a portare avanti la mission umanitaria in tutto il mondo. “Con un lascito testamentario a Emergency i tuoi valori possono continuare a vivere nel lavoro dei nostri medici e dei nostri infermieri. Fai continuare il futuro anche dopo di te”, si legge nella sezione relativa alle donazioni sul sito dell’associazione. Una campagna che, evidentemente, sta dando i suoi frutti tant’è che nell’anno 2012 i proventi da lasciti e donazioni in natura sono stati il 5% del totale: 1 milione e 442 mila euro. Come si legge sul sito “è possibile lasciare beni di qualsiasi natura: case, terreni, oggetti determinati, titoli, valori, crediti”. Per i beni donati, diversi dal denaro, ci penserà l’associazione stessa a metterli in vendita. Emergency fornisce ogni chiarimento sul testamento, compresa la possibilità di revocarlo, qualora si cambi idea. E anche sul testamento biologico.

I conti del 2012
E nonostante i tempi di crisi il bilancio 2012 fa registrare entrate maggiori rispetto all’anno precedente. Dai 26 milioni incassati nel 2011, Emergency è passata a entrate, nell’anno successivo, di 28 milioni e 866 mila euro. L’ultimo anno rendicontato sul web, il 2012, si è chiuso con la riduzione dell’indebitamento verso i fornitori e con l’azzeramento dell’esposizione verso le banche. Un anno che si è chiuso con una raccolta fondi superiore alle spese sostenute e un significativo avanzo positivo di gestione. Entrando nell’analisi dettagliata a farla da padrone nelle entrate dell’associazione di Strada sono le donazioni relative al 5 per mille: 10 milioni 699 mila euro per il 37,06% del totale. Subito dopo le entrate realizzate grazie ai privati (donazioni, gadget, iniziative) con il 34,54%, corrispondente a 9 milioni e 971 mila euro. A contribuire in maniera rilevante al funzionamento dell’organizzazione umanitaria sono le autorità pubbliche estere con il 12,59% (3,6 milioni). Dall’Italia poco o niente a un’organizzazione sempre più attiva in campo sanitario con enti locali e altri enti che hanno distribuito a Strada soltanto 358 mila euro. Eppure nel 2012 l’intervento umanitario di Emergency nel Belpaese è stato intensificato, dopo l’avvio nel 2011 di due ambulatori mobili. Un ampliamento del raggio d’azione direttamente proporzionale al bisogno d’assistenza dei migranti che sbarcano sempre più massicciamente nel nostro territorio. Oltre al complessivo aumento di povertà sul territorio italiano, con “il diritto alla salute” (sancito dalla Costituzione) in molti casi dimenticato.
Tirando le somme alla fine dell’anno risulta chiaro che il 2012 è stato un anno d’oro per l’associazione umanitaria. Il conto economico finale, infatti, si è chiuso con un saldo positivo di 2 milioni 445 mila euro. Un’inversione di rotta rispetto al 2011, quando Emergency chiuse l’anno con un risultato negativo dell’esercizio: un profondo rosso di 5 milioni e 483 mila euro. Appare chiaro quindi che oltre al 5 per Mille, determinanti sono stati anche i lasciti patrimoniali pubblicizzati dall’associazione. Una gestione maggiormente accurata quella del 2012, anche perchè un altro anno come quello precedente avrebbe esposto Emergency a rischi molto elevati. Una variazione molto significativa si è registrata negli oneri per le missioni operative, con un saldo di quasi 5 milioni in meno rispetto al 2011. Meno spese quindi per medicinali e materiale sanitario, servizi, per il personale, ammoratamenti e svalutazioni che nel bilancio Emergency spiega così: “Tale decremento riflette il minor costo per l’Associazione a seguito della variazione dei fondi per missioni in corso per il contributo ricevuto dal governo sudanese (1,2 milioni)”. Entrando dettagliatamente sulla diminuzione dei costi del lavoro emerge un risparmio di 1,8 milioni di euro dovuti “alla riduzione del numero del personale espatriato utilizzato in missione nel corso dell’anno”, spiega Emergency, “al minor costo in capo all’Associazione per l’abattimento del fondo per missioni in corso, al trasferimento dell’ospedale di Battambang (Cambogia) e alla conseguente presa in carico dei costi del personale locale da parte di Handa Foundation e alla procedura di cassa integrazione applicata a parte del personale dipendente in Italia”.