Il solito piedino in due staffe. La solita ombra del conflitto d’interessi. I soliti fedelissimi, ancor più graditi se nel loro percorso c’è un passaggio a Firenze, città tanto cara al presidente del consiglio. C’è davvero un po’ di tutto nel “dream team” individuato da Diego Piacentini, pezzo grosso di Amazon scelto qualche mese fa da Matteo Renzi come Commissario per l’Agenda digitale. Una struttura che avrà il compito di suggerire soluzioni e aiutare le pubbliche amministrazioni in materia digitale. A quanto pare Piacentini non ha lesinato una certa “sensibilità”, seppur indiretta, nei confronti dello stesso colosso Usa, con il quale lui stesso non ha interrotto i rapporti, risultando in aspettativa presso palazzo Chigi.
Le scelte – E’ capitato così che come responsabile della comunicazione del Commissario sia stata individuata Marisandra Lizzi. La quale, però, ancora oggi detiene quote nell’agenzia Mirandola Comunicazione, che ha tra i suoi principali clienti proprio Amazon. Il logo del colosso guidato da Jeff Bezos, per dire, appare in bella mostra proprio nel sito dell’Agenzia. Non c’è in tutto questo un rischio di commistione? “Ho preso un sabbatico di due anni”, ha spiegato sul punto a La Notizia la Lizzi, chiarendo però che non è sua intenzione cedere le quote di un’agenzia che nel 2017 dovrebbe essere trasformata in srl. E che non percepirà compensi dalla struttura. Non solo. Come responsabile degli affari regolamentari del Commissario è stato scelto Guido Scorza, autore di grandi battaglie contro la Siae, avvocato esperto di digitale al punto da essere tra i soci fondatori di E-Lex, studio legale che come si apprende dal sito è “specializzato in diritto delle nuove tecnologie”. Insomma, un’attività che potrebbe metterlo in contatto con grosse aziende del settore, come per esempio è capitato con Google. Da qui la domanda: è opportuno che il Commissario sia assistito da un avvocato che potrebbe avere accesso a informazioni privilegiate, o comunque di interesse per alcuni clienti del suo studio legale? “Il team digitale di cui faccio parte non si occupa di proprietà intellettuale o privacy, come invece fa il mio studio”, ha risposto in proposito Scorza a La Notizia, ammettendo di aver assistito Google, anche se per una vecchia storia di 5 anni fa. Ad ogni modo, ha concluso, “vedrò all’interno del team di non occuparmi di cose che eventualmente dovessero avere a che fare con l’attività dello studio legale”. Ancora, nel gruppo di Piacentini è finito anche Simone Piunno, con il ruolo di Chief Technology Officer. Nel passato di Piunno c’è un trascorso di rilievo in Dada, società leader nei servizi di hosting che ha sede a Firenze e che è stata fondata da Paolo Barberis, renzianissimo consigliere per l’innovazione di palazzo Chigi e in questa veste interfaccia del medesimo Piacentini.
Rischio doppioni – Insomma, profili che in un modo o nell’altro offrono spunti di riflessione. Per ora, peraltro, le nomine fatte nel team sono 6, destinate però a crescere nei prossimi giorni. Il tutto per una pattuglia che, quando sarà al completo, come si evince dal sito internet del Commissario, percepirà un compenso annuo tra i 70 e i 120 mila euro (a testa). Il tutto mentre esiste ancora l’Agid, al secolo Agenzia per l’Italia digitale, ente che nonostante ripetuti tentativi non è mai decollato fino in fondo, al punto da aver indotto palazzo Chigi a nominare un Commissario. Peccato però che l’Agid continui ad avere un direttore, Antonio Samaritani, accompagnato da 7 dirigenti. Nessuno nega che l’Italia abbia bisogno di grandi investimenti per colmare gli incredibili gap digitali. Ma forse qualche accorgimento in più, per quanto riguarda le attività collaterali dei componenti del team, sarebbe potuto intervenire.
Twitter: @SSansonetti