Trump dimenticherà pure la lezione della storia, ma sentire la Merkel, cioè la leader proprio del Paese che l’ha provocata quella storia fatta di guerra e milioni di morti, sa di barzelletta. D’altra parte, nel teatrino in corso a Davos, in Svizzera, l’ipocrisia del grande potere sta offrendo il meglio di sé. La cancelliera tedesca si straccia le vesti per il presidente Usa che protegge l’economia americana. Ma quando c’è da fare i suoi interessi, la Germania è la prima a non guardare in faccia nessuno. Su questo, semmai servissero altre prove, si può domandare al nostro ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti, rimbalzato da Berlino e dalla sua succursale di Bruxelles al tempo in cui l’Italia chiedeva di fare un muro comune contro la speculazione dei mercati con gli euro-bond. Acqua passata? Allora rivolgersi a Mario Draghi, che ha dovuto sudare ben più delle proverbiali sette camice per allentare il rigore monetario strenuamente difeso dal nostro partner teutonico. Ci risparmi perciò la Merkel le lezioncine sulle soluzioni multilaterali ai problemi del mondo. D’altra parte, anche l’Italia ieri ha dato il suo contributo di fesserie, con la fake news del premier Paolo Gentiloni sul suo ruolo terminato con le elezioni e l’esclusione assoluta di un possibile futuro governo delle larghe intese. Gentiloni lo sanno pure i sassi che spera di restare a Palazzo Chigi anche dopo il 4 marzo, e per riuscirci non si vede oggi altra possibilità che un accordone tra Renzi e Berlusconi, sempre che i numeri in Parlamento lo consentano.
L'Editoriale
A Davos sfila l’ipocrisia del potere
A Davos sfila l'ipocrisia del potere