L'Editoriale

Al peggio non c’è mai fine

Mettiamo in fila i fatti politici solo degli ultimi giorni.

Al peggio non c’è mai fine

Mettiamo in fila i fatti politici solo degli ultimi giorni. Ieri il governo si è sbarazzato della Corte dei Conti che facendo il suo lavoro aveva sottolineato il grave ritardo che mette a rischio i soldi della terza rata del Pnrr. Non potendo cambiare le regole hanno deciso di rimuovere chi vigila sul rispetto delle regole.

Mentre in Parlamento accadeva questo, Giorgia Meloni volava in Tunisia per declamare le lodi del suo presidente Saied, l’artefice della regressione democratica del suo Paese. È l’alleato perfetto per Giorgia: usa le maniere forti senza troppi rimorsi, con i migranti sarà bravissimo a trasformare il suo Paese nella nuova Libia di cui si vergogneranno i nostri figli. Il governo lo chiama “piano Mattei” ma è violenza data in appalto.

Nel frattempo lo Stato italiano rincorre i compratori d’armi con il piattino in mano. Qualche giorno fa l’Italia ha revocato le limitazioni all’export di bombe e missili verso l’Arabia Saudita (paese con scarsa concezione della democrazia), disposte dal governo Conte I per prevenirne l’utilizzo nella guerra in Yemen. Ieri Palazzo Chigi ha preso le distanze da un italiano, Andrea Costantino, che chiede giustizia agli Emirati Arabi per non perdere le prossime commesse della monarchia di Abu Dhabi.

Mentre il meloniano presidente del Lazio Rocca si rimangia il patrocinio al Pride nelle commissioni parlamentari la maggioranza si arrovella per rendere “reato universale” la gestazione per altri. Sono considerati “reati universali” il terrorismo, la tortura, il contrabbando nucleare. Questi pur di punire gli omosessuali sono disposti a sfidare il senso del ridicolo.

A proposito di tortura: nessun esponente del governo e della maggioranza ha avuto niente da dire sui cinque poliziotti arrestati ieri a Verona e definiti dal gip come “sadici e violenti”. Si sono accaniti ovviamente contro “soggetti di nazionalità straniera”. Perfetto, abbiamo tutte le carte in regola per essere la nuova Ungheria.