L'Editoriale

Authority dipendenti

Authority dipendenti

Dribblare il merito della questione, come se il problema non la riguardasse. Lavandosene le mani e scaricandolo sulle opposizioni. Quando non può fingersi morta, Giorgia Meloni non ha rivali nell’arte dello scaricabarile. Così, se Report scoperchia il conflitto d’interessi che serpeggia nel Garante della Privacy, di fronte alla richiesta delle opposizioni di azzerare l’Authority, la premier si chiama fuori.

“L’autorità è eletta dal Parlamento, non abbiamo competenza sulla possibilità di azzerare l’autorità. È una decisione che casomai spetta al collegio”. Come se al momento dell’elezione il suo partito – perché la premier è anche presidente di Fratelli d’Italia – non avesse partecipato all’accordo tra maggioranza e opposizione che, nel caso delle autorità indipendenti (si fa per dire) sta a monte delle nomine. Come se il componente del Garante, da cui trae origine l’inchiesta di Report, non fosse Agostino Ghiglia, ex parlamentare di An, ex assessore regionale in Piemonte ed eletto in quota FdI, pizzicato dalla squadra di Sigfrido Ranucci a varcare il portone della sede di Fratelli d’Italia poche ore prima della multa record (150mila euro) comminata alla trasmissione di Rai 3 per l’audio tra l’ex ministro Sangiuliano e consorte trasmesso l’anno scorso. Il resto del Meloni pensiero è una confessione e, insieme, una rivendicazione: “Una cosa la voglio dire: questo Garante è stato eletto durante il governo giallo-rosso, quota Pd e 5s e ha un presidente in quota Pd, dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo – ha aggiunto la premier –. Se il Pd e i 5S non si fidano di chi hanno messo all’Autorità per la Privacy, non se la possono prendere con me, forse potevano scegliere meglio”.

Se, come dice la presidente del Consiglio, il problema riguarda solo Pd (sponsor del presidente Pasquale Stanzione) e M5S (che ha indicato Guido Scorza), vuol dire che su Ghiglia – che incontra la sorella Arianna alla vigilia della multa comminata a Report – non ha nulla da obiettare. Così la normalizzazione del conflitto di interessi è servita. A tutti i livelli. Anche nelle Authority sulla carta indipendenti, ma nei fatti dipendenti, e non certo da oggi, dalla politica.