In attesa dei gol della nazionale, l’unico modo escogitato da giornali e opinionisti tv per esultare è romanzeggiare lo strappo tra Conte e Grillo, con dovizia di particolari sulla “situazione irrecuperabile” (la Repubblica), “Conte tentato dall’addio” (Corriere della sera), “Colpo di scena: Conte pronto al ritiro” (il Giornale), ecc. ecc.
Tutti sono consapevoli che la rottura tra il fondatore dei Cinque Stelle e l’ex premier significa un fortissimo ridimensionamento per il Movimento, forse la stessa fine di un’esperienza politica unica e chissà se mai ripetibile. Esattamente quello che il sistema dei partiti e dei poteri vari e avariati di questo Paese sogna da sempre.
Certo – e questo nessuno lo nega – la definizione del nuovo statuto ha fatto nascere divergenze tra le due maggiori colonne dei 5S, insieme a Di Maio. Al di là delle sue tipiche coloriture lessicali, Grillo non ha chiuso la porta a Conte, dopo essere stato lui stesso ad indicarlo come futuro capo politico. Al contrario, nel confronto con i gruppi parlamentari, il garante ha detto che nel giro di 3 o 4 giorni si sarebbe arrivati alla stesura finale dello statuto, con i ruoli e le prerogative di ciascuno.
Dunque, se davvero i due romperanno, facendo felici tutti quelli che non aspettano altro, vorrà dire che non hanno fatto abbastanza per spiegarsi, non afferrando fino in fondo su quale strada senza ritorno stiano infilando il Movimento.
Sia chiaro: Grillo alla sua età e con la sua storia ha già vinto tutto quello che si poteva, come Conte, che ha davanti una carriera professionale a livelli stratosferici, senza escludere un ritorno in politica in chissà quale altra combinazione tra i partiti di domani, ma per gli attivisti che hanno dato l’anima e per i cittadini che si sono affidati ai valori del Movimento, una frattura di questo tipo sarebbe un tradimento.
Un aspetto, quest’ultimo, che taluni “consiglieri” non stanno sottolineando abbastanza, preferendo prendere le parti dell’uno o dell’altro, spingendo così anche la base a tifare. E a dividersi. Nemmeno il più ottimista tra i nemici di questo sogno di un’Italia perbene poteva sperare in un’estate con un regalo migliore.