Chi sperava in una raffica di condoni con la scusa dell’economia in stallo per il Covid deve rassegnarsi ad attendere un altro Governo in chissà quale altra legislatura. A chiarirlo è stato ieri lo stesso premier Giuseppe Conte, ammettendo che non c’è riforma più urgente del semplificare la nostra burocrazia, ma questo non significa fare regali ai furbi. Via libera dunque a procedure più veloci per le opere pubbliche senza sacrificare però i presìdi di legalità e le norme antimafia.
Vedremo se basterà per aprire i cantieri e quali, sapendo che in passato abbiamo fatto una collezione di scelte scellerate come il treno merci ad alta velocità tra Torino e Lione, di cui il nuovo sindaco della città francese ha appena riconosciuto l’assoluta inutilità. Più che realizzare in fretta le opere pubbliche che ci servono ed impedire alla criminalità di prosperarci sopra, oggi la priorità sta dunque nel non buttar via i soldi in infrastrutture e scelte superate e prive di vantaggi economici, oltre che ambientali. È il caso della trattativa col colosso franco-indiano Arcelor Mittal per tenere in piedi l’ex Ilva.
La vecchia industria dell’acciaio sovvenzionata in eterno dallo Stato è davvero l’unica strada per uno sviluppo concreto e sostenibile? Su questa e altre domande Conte ha coinvolto i leader dell’opposizione invitandoli formalmente, come chiedevano, in un secondo tempo degli Stati generali dell’economia dove invece non si erano presentati. Se andranno in uno spirito realmente costruttivo lo vedremo a partire da precisi segnali, come la rinuncia a un feticcio ideologico come il Tav piemontese.