Un piccolo slogan che però dice tutto sulla crisi greca l’ha coniato uno dei più brillanti giornalisti italiani, Paolo Panerai: quello che i tedeschi hanno spacciato per anni come rigorismo in realtà era egoismo. Così a un Paese che rappresenta appena il 2% del Pil europeo prima è stato negato quell’ombrello di solidarietà che era la premessa dell’Unione europea e monetaria. E poi si è costruito il percorso che adesso è arrivato al capolinea, concedendo – come elemosine – aiuti sempre insufficienti, dando qualche miliardo con una mano e riprendendosene molti di più con l’altra, attraverso la truffa autorizzata dello spread. Atene è stata costretta a finanziarsi pagando interessi criminali, con uno spread arrivato sopra o attorno ai mille punti base. Solo per non dimenticare il colpo di Stato realizzato contro l’Italia, ricordiamo che lo spread a 500 punti costrinse il Governo di Silvio Berlusconi – che piacesse o meno, democraticamente eletto – a farsi da parte per far posto a Mario Monti. I mercati (e le cancellerie europee congiurate) apprezzarono e lo spread calò subito dopo.
Ma come volevasi dimostrare gli italiani furono costretti a fare più sacrifici e il debito pubblico anzichè diminure è continuato ad aumentare fino ad oggi. Sarebbe bastato guardare a quei giorni, all’ipocrisia di una Comunità europea mai diventata qualcosa di diverso di una unione burocratica tra Paesi che restavano distinti e lontani gli uni dagli altri. Con l’Italia alla fine si trovò un accomodamento – a carissimo prezzo, compresa la rinuncia della nostra sovranità popolare – ma con la Grecia le cose sono andate diversamente. L’Italia è too big to fail (troppo grande per fallire), la Grecia no. Per questo gli euroburocrati di Bruxelles, la Germania che ha fatto da grande regista con i falchi del rigore guidati dal ministro delle Finanze di Berlino, Wolfang Schauble, e più di tutti quel killer che è il Fondo monetario internazionale. Un’istituzione che offre ai Paesi l’ombrello quando c’è il sole per poi toglierlo appena inizia a piovere. A pesare sul disastro Grecia è stata anche la Banca centrale europea. Non quella degli ultimi mesi, che con cinque anni di ritardo si è affiancata alla strategia della Federal Reserve, iniziando a immettere liquidità monetaria nel sistema. La Bce degli ultimi mesi ha anche alzato al massimo la liquidità d’emergenza alle banche greche. Ma al di là dell’intervento arrivato in ritardo – diciamo anche a tempo quasi scaduto – neppure adesso la Bce è riuscita a muoversi con la decisione necessaria. Nel board dell’istituto di Francoforte convivono infatti quegli stessi falchi tedeschi che con il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, hanno sempre frenato sulle scelte necessarie per salvare Atene. Così l’europa ha commissariato per anni la Grecia, imponendo su ogni decisione la supervisione della Troika (Commissione europea, Fmi e Bce). I governi ellenici sono stati costretti a seguire fallimentari politiche economiche recessive, che hanno avuto il merito di far immensamente peggiorare la situazione. Decine di persone si sono tolte la vita disperate, e il loro sangue resterà una macchia indelebile sulla coscienza dell’Unione europea. Il fallimento che oggi diciamo essere greco, in realtà è perciò il fallimento dell’Europa. E il successo di chi – col paravento dell’Unione – in realtà correva per far saltare il banco. Non è un segreto infatti che in Germania tantissimi vogliono tornare al Marco.
DOMANDE
Che ci fanno d’altronde con l’Euro una volta che questo è servito a stritolare ben bene mezzo continente? L’Italia in quasi due secoli non è riuscita a risolvere la questione meridionale, ma i tedeschi grazie all’Euro si sono risolti in cinque anni la loro riunificazione. E non che l’eredita dell’ex Ddr fosse meno pesante di quanto c’era e resta da fare nel nostro Mezzogiorno. Facile grazie ai tassi negativi con cui Berlino si è potuta finanziare, mentre il resto d’Europa pagava una tassa occulta – che cos’è se no lo spread? – ai mercati. Di fronte a tutto questo oggi ci troviamo con una serie di domande cruciali. Come influirà il default greco sui conti pubblici italiani, zavorrati da 2.200 miliardi di debito pubblico? Ci sarà un effetto contagio? Ma c’è un’altra domanda che si lega alla grande emergenza di questa stagione, il terrorismo islamico: è meglio aiutare la Grecia, esattamente come la Tunisia, cercando di sostenerla andandoci in vacanza, contribuendo ad alimentarne il turismo, o facciamo bene a stare alla larga, dandola vinta così ai terroristi monetari (proprio come a quelli islamici) che a colpi di spread (e kalashnikov) hanno combattuto per isolare il nemico? Se l’Europa dei burocrati e dei mercati non ha avuto solidarietà, noi che siamo l’Europa vera (e l’unica speranza che il sogno di De Gasperi, Adenauer, Monnet e Spinelli si realizzi sul serio) abbiamo la possibilità di rispondere diversamente, di non piegarci alle prevaricazioni. Da qualunque parte provengano, dai Califfi di Berlino come da quello che semina morte tra Irak, Siria e Libia.